Con un balzo dell’11% è record storico per le esportazioni agroalimentari made in Italy nel 2023, che crescono quasi il doppio dell’export complessivo tricolore. La Germania si conferma il principale mercato, con un valore di 2,6 miliardi, davanti agli Stati Uniti (2,1 miliardi) e la Francia, che si piazza al terzo posto con 2 miliardi. Ma c’è anche il rovescio della medaglia: sale a 120 miliardi il valore del falso made in Italy, con gli Stati Uniti che si classificano come il Paese in cui le produzioni tricolore taroccate registrano i più elevati fatturati, al punto che 6 prodotti su 7 risultano falsi. Emerge dall’analisi Coldiretti e Filiera Italia sui dati Istat sul commercio estero relativi al primo quadrimestre del 2023, diffusa nel “Summer Fancy Food 2023”, il più importante evento fieristico mondiale dedicato alle specialità alimentari, in questi giorni a New York.
Ad essere cresciute di più nel 2023 sono le esportazioni alimentari in Francia, con un balzo del 19%, davanti alla Germania (+12%), alla Gran Bretagna (+12%) e agli Stati Uniti (+3%). Risultati positivi anche nel Regno Unito, con 1,3 miliardi, ad evidenziare come l’export tricolore si sia rivelato più forte della Brexit, dopo le difficoltà iniziali legate all’uscita dalla Ue. Dato negativo invece in Cina, con un calo del 2%, mentre cresce in Russia con un +13% nonostante la guerra e le sanzioni
All’estero le vendite sono sostenute soprattutto dai prodotti base della Dieta Mediterranea, come il vino, che svetta sul podio con una crescita del 4% nei primi mesi, davanti a frutta e verdura fresca. Ma nel paniere del made in Italy all’estero recitano un ruolo importante anche pasta, formaggi, olio d’oliva e salumi, anche se a livello nazionale resta da colmare il pesante deficit produttivo in molti settori importanti, dalla carne ai cereali, fino alle colture proteiche necessarie per l’alimentazione degli animali negli allevamenti.
Il vino è anche il prodotto italiano più gettonato negli Usa, dove rappresenta quasi un terzo dell’intero valore dell’export agroalimentare, forte anche di un incremento dell’11% registrato nel primo trimestre 2023, secondo l’analisi Coldiretti e Filiera Italia. Aumenti record per la pasta (+31%) che sale al secondo posto tra i prodotti Made in Italy più amati negli States, poco davanti all’olio d’oliva che aumenta comunque dell’11%. Bene anche i formaggi, anch’essi in crescita dell’11% anche se penalizzati dalla larga diffusione sul mercato americano delle imitazioni.
“Per sostenere il trend di crescita dell’enogastronomia made in Italy serve ora agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo - sottolinea il presidente Coldiretti, Ettore Prandini - nel sottolineare “l’importanza di cogliere l’opportunità del Pnrr per modernizzare la logistica nazionale che ogni anno rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di minor opportunità di export. Ma è importante lavorare anche sull’internazionalizzazione, per sostenere le imprese che vogliono conquistare nuovi mercati e rafforzare quelli consolidati, valorizzando il ruolo strategico dell’Ice e con il sostegno delle ambasciate. L’obiettivo - conclude Prandini - è portare l’export agroalimentare dagli attuali 61 miliardi ai 100 miliardi nel 2030”.
“Oggi l’export rappresenta lo strumento principale di valorizzazione delle nostre eccellenze agroalimentari, considerato la persistente debolezza dei consumi interni. Bisogna quindi ulteriormente sostenere attraverso un supporto concreto ed operativo l’aumento non solo dell’export complessivo, ma del numero di imprese (soprattutto Pmi) in grado di accedere a tali mercati. Per questo non servono dimensioni, ma appartenenza a reti come quelle che Filiera Italia e Coldiretti insieme ad Ice e Farnesina stanno realizzando” aggiunge Luigi Scordamaglia, ad Filiera Italia.
Ma il successo del made in Italy all’estero ha anche un rovescio della medaglia, con un mercato del falso che vale 120 miliardi di euro. Gli Stati Uniti sono il Paese che detiene saldamente la leadership produttiva del made in Italy tarocco, con il fenomeno delle imitazioni di cibo tricolore che è arrivato a rappresentare oltre 40 miliardi di euro. In pratica solo un prodotto agroalimentare che richiama l’Italia su 7 venduti negli States arriva realmente dal Belpaese. Basti pensare che il 90% dei formaggi di tipo italiano in Usa sono in realtà realizzati in Wisconsin, California e New York, dal Parmesan al Romano senza latte di pecora, dall’Asiago al Gorgonzola, dalla mozzarella fino al Provolone.
La produzione di imitazioni dei formaggi italiani, sottolineano Coldiretti e Filiera Italia, nel 2022 ha raggiunto negli Usa il quantitativo record di oltre 2,7 miliardi di chili, con una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni, tanto da aver superato addirittura la stessa produzione di formaggi americani come Cheddar, Colby, Monterrey e Jack, che è risultata nello stesso anno pari a 2,5 milioni di chili. Il problema riguarda però tutte le categorie merceologiche, come i salumi più prestigiosi, dalle imitazioni del Parma e del San Daniele alla mortadella di Bologna o al salame Milano venduto in tutti gli Stati Uniti, dove è possibile acquistare anche il Pompeian Olive Oil che non ha alcun legame con l’antica città campana. Ma ci sono anche le imitazioni di Provolone, Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago o Fontina.
L’industria del falso made in Italy a tavola è diventato un problema planetario, con il risultato che per colpa del cosiddetto “Italian sounding” nel mondo oltre 2 prodotti agroalimentari tricolori su 3 sono falsi, senza alcun legame produttivo ed occupazionale con il nostro Paese. “Il contributo della produzione agroalimentare made in Italy a denominazione di origine alle esportazioni e alla crescita del Paese potrebbe essere nettamente superiore con un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale - afferma il presidente Coldiretti, Ettore Prandini nel sottolineare che - ponendo un freno al dilagare dell’agropirateria a tavola si potrebbero creare ben 300.000 posti di lavoro in Italia”. “In tutto il mondo cresciamo grazie alla distintività dei nostri prodotti che sono frutto di territori, ma anche di una cultura antica inimitabile. Falsificarli, snaturarne le ricette, cambiarne gli ingredienti vuol dire distruggere ciò che rende unico al mondo il nostro stile di vita, di cui la cultura alimentare è parte essenziale” aggiunge Luigi Scordamaglia, ad Filiera Italia.
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