A volte troppa acqua, a volte troppo poca. Già in primavera la situazione idrica della Sicilia era critica, ma ora, mentre il nord Italia vive un’estate fresca e piovosa, gran parte dell’isola - che tendenzialmente reagisce e gestisce meglio di altre zone del Mediterraneo il surriscaldamento climatico - soffre di una siccità importante, che sta mettendo in difficoltà l’agricoltura, la zootecnia, l’approvvigionamento idrico delle case, la fornitura di cibo e i posti di lavoro. Ce lo dimentichiamo troppo spesso di quanto sia preziosa l’acqua, soprattutto quando c’è e non ne facciamo scorta. E questo è un grande punto debole in Trinacria, come nel resto d’Italia, che può contare su un sistema idrico che è un colabrodo. Vetusto nelle condotte, insufficiente nelle dighe, miope nella gestione dei bacini idrici e nella programmazione strategica per il futuro. L’acqua non la conserviamo e non la usiamo con parsimonia, ma dobbiamo cambiare mentalità a tutti i livelli. Ma se la politica non aiuta, aiuta il know how e la Sicilia ce l’ha, avezza a lunghi periodi secchi: tutti gli Anni Ottanta lo sono stati; addirittura nel 1990 non piovve affatto. E allora ben vengano le buone vecchie pratiche agricole di aridocultura, ma anche l’impegno a diminuire l’impatto umano sul pianeta, la ricerca su nuovi cloni di varietà autoctone resistenti agli stress ambientali: per sostenere un enogastronomia di valore, per migliorare ancora la qualità dei vini siciliani e definirne identità. Un percorso che abbiamo seguito nelle monografie 2021 - 2022 - 2023 e che riscontriamo anche quest’anno: qui le nostre impressioni, nella monografia in uscita sull’Etna in autunno e nei prossimi Vini di WineNews, con aziende come Feudo Maccari della famiglia toscana Moretti nel cuore della Sicilia Barocca, Pietradolce, Colosi, Girolamo Russo, Duca di Salaparuta, Barone di Villagrande, Baglio di Pianetto, Cottanera, Valle dell’Acate, Tenuta di Fessina e Firriato.
(ns)
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