
Coniugano estetica e praticità, produzione e bellezza, sono opifici e musei, luoghi di lavoro ma anche mete di turismo. Le cantine d’autore sono un fenomeno cresciuto molto nel tempo, con grande successo. E se qualche esempio si trova in tutta Italia - dal Carapace della famiglia Lunelli nel territorio del Sagrantino, del maestro Arnaldo Pomodoro (scomparso da poco), a Feudo di Mezzo, la cantina sull’Etna della griffe siciliana Planeta, progettata da Santi Albanese e Gaetano Gulino, alla Cantina Pacherhof in Alto Adige realizzata dallo studio Bergmeisterwolf, per fare solo degli esempi - la concentrazione più alta è in Toscana. Qui si è trovato terreno fertile per la costruzione di tante cantine d’autore: da Rocca di Frassinello di Renzo Piano a Petra (per la famiglia Moretti) di Mario Botta, da Antinori nel Chianti Classico, di Marco Casamonti, alla Cantina del Masseto, dello studio Zito Mori, dalla “Bulgari Winery” di Alvisi Kirimoto a Palazzone a San Casciano dei Bagni in Toscana, per fare esempi tra i tanti possibili. Adesso il panorama toscano, e quello di Bolgheri, in particolare, si arricchiscono di una nuova perla di bellezza assoluta: la Tenuta Meraviglia, che meraviglia lo è davvero. È la nuova tenuta dell’imprenditore argentino Alejandro Bulgheroni (legato al Belpaese anche per un bisnonno emigrato nel 1873 dall’Italia all’Argentina) e già proprietario della storica Dievole, in Chianti Classico, e Podere Brizio, a Montalcino, e di Tenuta Le Colonne e Tenuta Meraviglia (ovvero 95 ettari di vigneto, che non vedi assolutamente, perchè circondato da natura, mare e da boschi, per 500.000 bottiglie e 400 ettari di terreno complessivo), appunto, a Bolgheri (oltre anche ad altre 14 cantine nel mondo - in America Latina, negli Stati Uniti, in Europa e in Australia - per un vigneto complessivo da 1.100 ettari).
Un progetto di grandissimo pregio, che l’ad Stefano Capurso ha perfettamente coordinato, quello di Tenuta Meraviglia, creato recuperando la antica e abbandonata Cava di Cariola (che tanta ghiaia ha dato alla costruzione dell’Aurelia che gli passa sotto), nel Comune di Castagneto Carducci, con il recupero e la rivalorizzazione di un’area di oltre 5.000 metri quadrati, secondo i principi dell’edilizia sostenibile, con il progetto avveniristico dello Studio Tori di Firenze (che già ha firmato cantine come Argentiera e Castello di Bolgheri, ma anche Villa Tignanello, nel cuore del Chianti Classico, della famiglia Antinori).
Una cava abbandonata, un terreno aspro, improduttivo, incastonato in un luogo di straordinaria biodiversità, affacciato sul mar Tirreno e impreziosito da un bosco autoctono, elemento fondamentale del paesaggio. Una trasformazione bellissima, unica, originale, diversa, “da super maraviglia”, che ha ristabilito un legame armonioso tra cava e bosco, e, soprattutto, tra uomo e natura. Una ferita che chiedeva di essere non solo rimarginata, ma resa bella. Ed il risultato è sotto gli occhi, del resto, “nomen omen” dicevano gli antichi ... La cantina si sviluppa su tre livelli degradanti, con tetto verde panoramico, i profumi della macchia mediterranea tutto intorno, e uno scorcio sul mare che lascia senza fiato. Un nuovo gioiello, dunque, grazie ad un investimento di 23 milioni di euro, che arricchisce ulteriormente quella Bolgheri che è uno dei territori più importanti del vino italiano, i cui vini più celebri stono stabilmente tra i più ricercati nel mondo e tra i più quotati nelle aste, alfieri di una terra che con i vini ha visto crescere anche il valore per i vigneti, dove per 1 ettaro si tocca ormai 1 milione di euro (stime WineNews).
Una terra enoica di libertà e sperimentazione, incardinata sulle grandi varietà bordolesi, Merlot, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc (e, perché no, anche il Petit Verdot) che è una case history di successo. Che ha dei “padri fondatori” riconosciuti, ovvero Nicolò Incisa della Rocchetta, Lodovico Antinori, Piero Antinori, Pier Mario Meletti Cavallari, Eugenio Campolmi e Michele Satta, che creando - dagli Anni Ottanta - quasi dal nulla grandi aziende hanno acceso la scintilla di un territorio che ha dato un forte impulso al “rinascimento” moderno del vino italiano, coltivato, poi, dal lavoro di tanti altri produttori “autoctoni”. Ma sul quale, negli anni, come ha fatto Bulgheroni (qui la nostra intervista all’imprenditore argentino), hanno investito anche tanti altri imprenditori, del mondo del vino, e non solo, conquistati dal fascino e dal successo di questo piccolo, ma grande, enclave vinicolo raccolto tra le colline dell’Alta Maremma ed il Mar Tirreno, segnato indelebilmente da celeberrimo Viale dei Cipressi, voluto dalla storica famiglia dei Della Gherardesca, e reso immortale dai versi di Giosuè Carducci.
Ed allora se il passato è passato, ed il futuro è da scrivere, possiamo vivere solo l’oggi, che è un dono, e anche per questo si chiama presente. E in tempi come questi poterlo vivere in certi luoghi in cui regnano armonia, pace e bellezza, è davvero un grande regalo. Soprattutto laddove l’intreccio tra vino, impresa virtuosa, territori e bellezza che può creare, ed è proprio il caso di dirlo, qualcosa che ... meraviglia.
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