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Bene in Italia, grazie alle tipologie più pregiate, in crescita all’estero, e con un futuro a cui guardare con ottimismo: il Trentodoc per il presidente dell’Istituto delle “bollicine di montagna” Enrico Zanoni, con i commenti dei produttori

Italia
Le bollicine TrentoDoc: bene Italia, grazie alle tipologie più pregiate, e ottimismo per l’export

Le tipologie più pregiate crescono, e trainano le performance della tipologia che fa guardare tutti al futuro con ottimismo: ecco in estrema sintesi la fotografia del Trentodoc che, con 7,3 milioni di bottiglie vendute nel 2015 - i dati per il 2016 raccolti dall’Osservatorio Trentodoc verranno diffusi il prossimo aprile - cresce dell’11% in valore, per 78 milioni di euro, contro un 4,5% in volume. Un bel risultato per le “bollicine di montagna” che rappresentano il 35% della produzione nazionale di Metodo Classico e possono vantare la propensione all’export più elevata per la tipologia (22%). Il futuro si annuncia ancora più roseo con una domanda in crescita, anche se l’affermazione sui mercati esteri avrà dei tempi medio-lunghi secondo Enrico Zanoni, presidente dell’Istituto Trento Doc (e direttore generale di Cavit, ndr), intervistato da Winenews a Bollicine sulla Città, la manifestazione organizzata dall’Istituto Trento Doc in collaborazione con la Camera di Commercio ed il supporto della Provincia Autonoma, che dal 18 novembre all’11 dicembre animerà Trento con appuntamenti, degustazioni, eventi e incontri per scoprire il primo metodo classico Doc riconosciuto in Italia.
“Negli ultimi anni il comparto Trentodoc sta crescendo - sottolinea Zanoni - e il sentiment dei produttori verso il futuro è positivo. L’anno scorso abbiamo registrato un aumento in valore superiore a quello in volume grazie alle performance dei prodotti di punta, pas dosé e rosé, che sono cresciuti di un 8% in più rispetto al dato medio. La spumantistica in generale gode di un buon momento e riteniamo che ci siano spazi di crescita per il Trentodoc. E siamo già attrezzati. In Trentino abbiamo una superficie a Chardonnay di 2.500 ettari che ci garantisce capacità produttive per soddisfare la crescita della domanda. Nel caso in cui fosse necessario, abbiamo altre zone vocate per Chardonnay e Pinot nero che ci garantirebbero una produzione spumantistica di eccellenza quale è quella del Trentodoc”.
Uno dei talloni d’Achille del Metodo Classico italiano è la scarsa propensione all’export, in parte fisiologica visti i numeri. Il Trentodoc tuttavia, visto il suo 22% di esportazione, è il miglior osservatorio per capire come si muove la tipologia sui mercati internazionali circa la crescita in valore.
“La nostra percentuale di fatturato all’estero è già buona considerando la difficoltà del Metodo Classico italianoall’estero - commenta il presidente dell’ente che protegge il metodo classico trentino e promuove il marchio Trentodoc - è soprattutto il mercato italiano a evidenziare una crescita dei prodotti a maggior valore aggiunto, mentre sui mercati esteri ci sono realtà diverse. Negli Usa, il nostro primo mercato, i prodotti base la fanno da padroni, mentre su altri come Svizzera, Giappone e Germania i prodotti di maggior spicco evidenziano buone crescite”.

Decisivo sarebbe riuscire negli Stati Uniti a consolidare un posizionamento di prezzo intermedio tra Prosecco e Champagne, non solo perché sono il primo mercato di importazione, sia in generale sia per i vini sparkling, ma anche perché negli Usa crescono sia i consumi che l’interesse e la curiosità dei consumatori verso novità e brand di qualità. “Abbiamo segnali che vanno in questa direzione - conferma Zanoni - ma, ad onor del vero, deboli. Recentemente abbiamo avuto visite di Master of Wine e di giornalisti esteri esperti che hanno dimostrato un interesse che anni fa non c’era. Gli spazi sono piccoli, ma sono fiducioso che il Metodo Classico, e il Trentodoc nel nostro caso, si collochi come la fascia premium della spumantistica italiana che vede il Prosecco come elemento di traino”.
Importanti in questo senso saranno le azioni di promozione.
“Abbiamo - racconta Zanoni - un ampio margine per far crescere la notorietà e reputazione del marchio Trentodoc. Due anni fa siamo partiti con una ricerca dell’Osservatorio su questi aspetti e la ripeteremo nell’arco di cinque anni per valutarne la crescita e di conseguenza la bontà delle nostre azioni. Tra queste è molto importante l’accordo triennale con l’Ais-Associazione Italiana Sommelier, partito dall’edizione 2016 di Bollicine sulla Città, con il Concorso “Miglior Sommelier d’Italia-Premio Trentodoc” (che è stato vinto, in questa edizione, da Maurizio Filippi sommelier umbro proveniente da Montecchio, ndr). I sommelier diventeranno ambasciatori del Trentodoc: chi meglio di loro può farlo conoscere? Credo molto anche nella continua sensibilizzazione degli operatori del Trentino che gode della grande opportunità di un flusso turistico molto importante. È cruciale da parte di ristoratori e albergatori far vivere l’esperienza del Trentodoc, con il claim “bollicine di montagna”, proprio sul territorio”.
Un quadro positivo, dunque, nel complesso, e l’entusiasmo tra i produttori è palpabile e restituisce l’immagine di una unità di intenti all’interno dell’Istituto Trento Doc in cui sono rappresentate tutte le componenti della produzione, dai piccoli ai grandi privati, alla cooperazione.
“Stiamo avendo belle soddisfazioni di mercato - racconta Ignazio Moser della cantina Moser - e ci siamo orientati ad allungare l’affinamento. L’anno prossimo sarà la volta di un pas dosé con 54 mesi sui lieviti e abbiamo in cantiere una Riserva che uscirà… quando sarà pronta. La distintività del Trentodoc è legata ai terreni e alla coltivazione in altitudine: per noi vuol dire 600 metri dei vigneti in Val di Cembra e prodotti freschi e minerali”.
“La percezione del marchio collettivo Trentodoc sta crescendo sensibilmente - sostiene Alfio Gazzetti di Opera Vitivinicola in Valdicembra - la tipologia non dosato va molto bene: il consumatore sta scoprendo il bere secco, verticale. E noi, nel nostro piccolo, su sei prodotti ne facciamo tre pas dosé. Abbiamo dalla nostra un territorio che esprime finezza ed eleganza, e inoltre il Trentodoc si giova di lunghi affinamenti sui lieviti e di una storia importante e lunga”.
“Il nostro trend è molto positivo - dice Elio Pisoni della cantina Pisoni - con crescite annue del 15-20%. L’IstitutoTrento Doc sta facendo un ottimo lavoro per la diffusione del marchio che viene riconosciuto sempre più. Sta aumentando la richiesta di rosé, come vivace è la domanda di pas dosé che nel nostro caso è l’ultimo nato. Grazie all’elevata vocazionalità del nostro territorio e alla possibilità di far fronte al riscaldamento globale alzandoci di quota, complici le elevate escursioni termiche e la mineralità dei terreni, abbiamo prodotti profumati ed equilibrati, sapidi, quindi molto interessanti”.
“Il lavoro dell’Istituto per portare a una conoscenza più allargata il marchio sta avendo riscontro da parte dei produttori - dice soddisfatto Luciano Lunelli di Abate Nero che nell’ente di tutela è consigliere - questa tendenza verso i prodotti non dosati ci fa gioco perché questa tipologia evidenzia il territorio in maniera forte. Territorio che ci connota e ci distingue sul mercato”.
“Noi siamo un’azienda giovane e in crescita - racconta Federico Scimoni di Cantine Monfort - Stiamo raccogliendo risultati dopo anni di semina e ci stanno dando soddisfazione sia i prodotti base sia le riserve. Il punto di forza del Trentodoc è il terroir e su questo dobbiamo giocare per crescere sia a livello qualitativo sia di immagine”.

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