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Come addolcire il vino? Zucchero sì, zucchero no, e il dibattito in Europa diventa sempre più aspro … Di corsa tra i filari di Bordeaux, inseguendo grandi vini, divertimento e, soprattutto, beneficienza
di Carla Capalbo

Come addolcire il vino? Zucchero sì, zucchero no, e il dibattito in Europa diventa sempre più aspro
Quelli di noi che vivono in Italia possono avere un piccolo shock nel vedere grossi sacchi di zucchero nelle cantine di vinificazione francesi, al momento i più stimati enologi, per la preparazione dell’imminente vendemmia e vinificazione. La questione dell’abbandono della pratica di utilizzo delle uve concentrate in favore dello zucchero per alzare i livelli di alcol dei vini francesi e di altri vini europei è il contenzioso, su cui si è discusso nelle varie audizioni del Parlamento Europeo (la prossima sarà il 12 settembre a Bruxelles, dove mi è stato chiesto di parlare come esperta, e di cui vi renderò conto scrivendo un pezzo dopo l’incontro).
La produzione di grandi quantità di uve allo scopo di correggere i vini, ha caratterizzato il panorama e dato impulso ad una parte importante dell’economia delle zone meridionali dell’Italia, specialmente in Puglia ed in Sicilia. Consentendo l’uso di zucchero, invece, di mosti concentrati per il processo di arricchimento delle uve, si è generata una crisi di sovrapproduzione al Sud, che ora è stata infelicemente risolta da distillazioni sponsorizzate.
Se, come Membro del Parlamento Europeo, Vincenzo Aita, ed altri sostengono, lo zuccheraggio verrà di nuovo vietato, ci potrebbe essere un ritorno in termini di vantaggi economici per quelle aree meridionali che producono grandi quantità di uve destinate ai mosti concentrati.
Altrimenti, ci si dovrà confrontare con la necessità di rendere queste ampie zone in sovrapproduzione di nuovo economicamente interessanti. Migliorando i loro metodi di produzione vinicola o, se non è possibile, estirpando le viti. Il dibattito è molto interessante ed importante per tutti i produttori e consumatori di vino d’Europa.

Di corsa tra i filari di Bordeaux, inseguendo grandi vini, divertimento e, soprattutto, beneficienza
I 45 chilometri della Marathon du Médoc,partita da Pauillac, l’8 settembre, sono iniziati sotto un sole felice ed una luce meravigliosa che la regione del Bordeaux ha offerto in ritardo in questo periodo di crescita insolitamente bagnato. Una fresca brezza ha aiutato le diverse migliaia di corridori e appassionati del vino a percorrere le dolci colline e le valli del Médoc, mentre attraversavano (e si fermavano) alcune dozzine di chateaux pronti a riceverli in grande stile. Gli altri partecipanti, meno atleticamente preparati, seguivano il percorso su bici, motociclette e perfino a passo lento. Ad ogni chateaux ai corridori sono stati offerti i consueti rifornimenti in corsa, con acqua, banane, arance e albicocche secche, come anche, ma non spesso, bicchieri di vino.
Nello Chateaux Pibran - uno degli Axa Millésimes chateaux - posizionato a metà strada della maratona, al pubblico è stato offerto lo Chateau Pibran 1997, meraviglioso da bere ora, in bicchieri della Riedel, niente di meno. Una band country-western ha suonato dal vivo classiche versioni del repertorio degli Stati del Sud americano, in inglese ma con l’accento francese. Altri chateaux hanno offerto vintages più recenti e le live bands hanno deliziato la folla con musica classica, rock e, perfino, con reggae.
L’altra cosa sorprendente di questa maratona è che i corridori, raggruppati spesso in team sponsorizzati dai vari gran cru chateaux del Médoc, indossavano costumi. Una squadra di uomini ha vestito il tutù con tanto di diadema; un altro gruppo ha indossato abiti degli indiani d’America, con copricapi di piume e cinture di cuoio colorate; un altro ancora vestiva come le infermiere … una situazione comica correre per 45 chilometri indossando un costume da pollo o da clown, o dipinto interamente di cerone nero per assomigliare agli schiavi africani.
Un gruppo britannico di collezionisti ha partecipato a questa maratona allo scopo di raccogliere fondi per beneficenza. Questa è una pratica comune in Inghilterra e vi partecipano persone di tutte le età dagli scolari agli adulti. Funziona in questo modo: ogni corridore dichiara che correrà per i 45 chilometri di gara e chiede a quanti più sponsor possibili di pagarlo una certa cifra per ogni chilometro che percorrerà, più un bonus se completerà la maratona (stesso meccanismo per i bambini che partecipano a gare di nuoto o marce organizzate da organizzazioni benefiche). Un membro di questo gruppo britannico, un ricco uomo d’affari di Londra, ha raccolto oltre 6.000 sterline per un istituto di ricerca sul cancro. Uno dei suoi bambini ha contribuito con 2 penny per chilometro percorso, “raggranellando” 90 pennies con questo sistema. Quando andavo a scuola a Londra, abbiamo percorso delle marce ogni anno per raccogliere fondi per beneficenza ed ogni bambino riceveva denaro dai genitori, dai vicini e amici. Alla fine della marcia, visto il grande numero di ragazzini, si poteva raccogliere denaro per acquistare un cane per non vedenti o sfamare i bambini di un villaggio africano per un anno.
Spesso ho pensato che questa potrebbe essere una bella iniziativa da promuovere in Italia, dove la coscienza civica non è sempre tenuta in gran conto quanto si dovrebbe. Qualcuno in ascolto?
Carla Capalbo

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