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Quale segno del vino sei? … Latte nobile … La lenta Francia acquista velocità
di Carla Capalbo

- Quale segno del vino sei?
Apparentemente non esistono limiti al modo in cui le persone possono interpretare, e vendere, vini. Nel recente evento all’enoteca multi-culturale di Bordeaux, La Winery, sono stata introdotta al concetto di “segni del vino”. “Una degustazione alla cieca di sei vini è sufficiente per iniziare un viaggio alla scoperta di quei vini che più si adattano al proprio carattere”, spiega Philippe Raoux, uno dei creatori di questa nuova ed ambiziosa operazione.
I vini sono classificati in 8 “segni” da chi è un esperto del metodo, come un sommelier, e sono raggruppati grazie a descrittori che includono: sensuale, raffinato, forte, eterno, trendy e gourmet. Basandosi sui vini preferiti dal cliente, gli specialisti dei Segni del Vino creano un profilo enologico del bevitore, e suggeriscono una lista di vini ad hoc da una selezione di bottiglie, già dotate di un codice simbolo del segno a cui corrispondono.
“E’ un modo per far scegliere un vino senza timore alle persone che non sono esperte, ma che si entusiasmano nell’assaggiare nuovi vini”, sottolinea Raoux. Il metodo si sta rivelando di successo a La Winery, dove ci sono abbastanza bottiglie ed esperti da rendere l’esperienza divertente da provare (info: www.wine-sign.com).

- Latte nobile
Ho sempre ammirato il lavoro del ricercatore di formaggi Roberto Rubino. E’ stato il primo italiano a vincere l’ambito Premio per la Biodiversità di Slow Food, ed è uno dei progettisti più impegnati nel salvare la vita rurale nel Sud d’Italia. Non ho mai dimenticato la sua spiegazione sul perché il “Latte di Alta Qualità” dei supermercati dovrebbe invece essere chiamato Latte di Bassa Qualità, per una mucca costretta a passare la sua vita in una stalla di cemento, senza possibilità di scegliere il suo cibo o fare movimenti, il cui unico scopo di essere in vita per produrre il maggior volume di latte, non può sperare di competere con la quantità molto più piccola di latte prodotta dalle sue cugine che sono libere di girovagare per i pascoli, mangiando cosa e quanto più desiderano - incluse le erbe curative quando ne sentono il bisogno - e il cui latte sarà arricchito dalla piante che hanno scelto di mangiare.
La sua ultima operazione, Latte Nobile, si propone di aiutare un gruppo di piccoli allevatori nelle colline degli Appennini Campani. “Si tratta di un gruppo di allevatori che, tra la prospettiva di chiudere l’attività e quella di mettersi in proprio hanno optato per la seconda, con buone possibilità di farcela”, spiega. Da bovine a produttività non “spinta”, alimentate con foraggi del territorio, ad esclusione di Ogm e insilati, i produttori hanno trovato una rete di distribuzione per vendere il loro latte a prezzi che consentiranno loro di continuare.
Il progetto “Latte Nobile” è stato reso possibile dalla collaborazione tra Regione Campania (Assessorato all’Agricoltura) e Anfosc (Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo), l’associazione creata da Rubino che è stata fondamentale per la promozione della cultura del formaggio in Italia e non solo, salvando formaggi come il Caciocavallo Podolico. Speriamo che altre aree del Paese seguano l’esempio, un’altra dimostrazione di quanto sia semplice che il cibo che compriamo e mangiano possa essere più nutriente, prodotto localmente e aiutare a mantenere la dignità delle persone che lo producono, incoraggiandole così a continuare a lavorare la terra (info: www.lattenobile.it).

- La lenta francia acquista velocità
Se il Salone del Gusto è diventato quasi un’espressione di uso comune in Italia, e senza dubbio un concetto riconoscibile, grazie al lavoro di Slow Food, negli ultimi 20 anni nel creare una rete di produttori artigianali attraverso la penisola, lanciare la stessa idea negli altri Paesi richiede uno sforzo decisivo. La Gran Bretagna sta lavorando bene nel campo dei farmers’markets, grazie a scrittori che si occupano di cibo come Henrietta Green, e all’incoraggiamento del Principe Carlo e di altri personaggi pubblici. Posso scegliere tra tre o quattro mercati settimanali a 30 minuti dalla mia casa di Londra dove è possibile comprare verdure biologiche locali e cibo artigianale. C’è ancora molto lavoro da fare per proteggere i produttori individuali dall’essere annientati dall’eccessiva regolamentazione dell’Unione Europea.
I francesi sono stati i più lenti nel cogliere il messaggio di Slow. Forse perché sentono di aver poco da imparare dal concetto. Dopo tutto, a livello europeo, la Francia ha fatto molto per proteggere i suoi produttori artigianali di formaggio (anzi, i francesi sono increduli quando si dice che l’Italia ha più varietà di formaggio di loro). In più l’esagono, come i francesi amano definire il loro Paese, è stato intrappolato dal pericoloso affermarsi dell’agricoltura industriale su vasta scala, e c’è ancora il pericolo incombente che molti dei suoi piccoli agricoltori scompaiano così come in altri Paesi. Gli acquirenti francesi sono tutti troppo spesso colti in fragrante in posizioni paradossali che predicano elitismo gastronomico, mentre acquistano la maggior parte del loro cibo nelle catene dei supermercati.
Il discorso di Carlo Petrini all’assemblea dei delegati e 400 giovani agricoltori europei a Eurogusto a Tour alla fine del 2009 era rivolto ad incoraggiare queste giovani persone a non rinunciare a lottare. “E’ il vostro cibo che ci nutre, non ci sono altre strade”, ha detto nel suo caratteristico stile grafico. “Dobbiamo lottare per suoli più sani, per la correttezza nel commercio e per la dignità dei produttori che lavorano la terra così come per la terra stessa”.
Petrini incoraggia tutti i comuni a creare orti in ogni spazio di terra disponibile, per proteggere la diversità ovunque si trovi - come le 150 varietà di grano in Bretagna - e per ridurre lo spreco di cibo. “Dobbiamo fare di nuovo della produzione di cibo una priorità. Nel 1950, il 50% delle persone in Italia erano contadini. Ora sono solo il 4%, con la maggioranza sopra i 60 anni”, sottolinea. Questa è un esempio concreto di una specie a rischio, che dobbiamo assolutamente salvare se vogliamo salvare noi stessi.
Carla Capalbo

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