- Fuori strada
Era inevitabile, immagino. Dopo i 250,000 chilometri con questa macchina, per non parlare delle centinaia di migliaia di chilometri che ho fatto guidando il “vecchio furgone” che tutti sapevano essere mio, mentre stavo scrivendo il mio libro sulla Toscana alle fine degli anni ’90, con il quale non ho avuto che piccoli inconvenienti come con qualsiasi altro mezzo, ho avuto un serio incidente. Ma poteva andare anche molto peggio. I due ragazzini napoletani di quindici anni che a tutta velocità, con la moto, sono venuti addosso alla portiera dal lato del guidatore della mia macchina mentre io stavo girando lentamente a sinistra, avrebbero potuto farsi molto male. Potevano anche essere morti.
Per fortuna portavano il casco, e si sono rotti solo un piede e una gamba.
Per quanto mi riguarda sono stata colpita leggermente, un grosso livido nero sul braccio dove lo specchietto della moto ha sfondato il finestrino dalla mia parte; e ancora, il mio viso e la mia testa erano coperte da migliaia di minuscoli frammenti di vetro (sapevate che i vetri laterali delle macchine non sono fatti in strati antirottura, come quello anteriore, ma si frantumano all’urto?).
Sono stata fortunata anche perché ero sulla strada della Festa di Gennaro Esposito a Vico Equense, praticamente ero arrivata, e stavo girando per il viale d’accesso del Bikini Club dove quella sera si stava tenendo la cena. Per questo c’erano un sacco di amici sul posto, Paul e Cecilia De Bondt, Gennaro, Vincenzo d’Alessandro, che mi ha guidato nel complicato affare di come comportarsi nei brutti incidenti in Italia. Mi hanno salvato dal caos.
“Chiamate l’ambulanza!”. “Chiamate la polizia!”. “No, non chiamatela, meglio non coinvolgerla, meglio arrangiarsi!”… c’erano grida da tutte le parti, come i “curiosi” sbucati fuori all’improvviso per guardare e commentare.
C’erano due ragazzi stesi per terra, feriti. Ero scioccata, ma cosciente a sufficienza per dire: “Certo che dobbiamo chiamare la polizia”. Finalmente, dopo un tempo che mi è sembrato troppo lungo, l’ambulanza è arrivata e ha portato via i ragazzi (ho realizzato dopo che le infermiere non mi hanno neanche chiesto come stessi).
Poi abbiamo aspettato che arrivasse la polizia, con la mia macchina in mezzo a quella strada affollata, per quelle che sono sembrate delle ore. Qualcuno ha gridato di fare delle fotografie …
Il ragazzo che stava guidando il motorino aveva avuto il suo patentino da solo due settimane. Non aveva il permesso di guidare con un passeggero.
Nonostante questo, con il peso extra di un passeggero, stava sorpassando in una strada dove non si poteva. E non ha avuto il tempo di vedere i miei segnali. O di fermare il motorino. Pensandoci bene, ciò che mi ha fatto arrabbiare di più è che è bastato un niente, un istante per frantumare il mio record di oltre tre decenni di guida attenta, di distanze di sicurezza rispettate, di pensare agli altri e alla strada.
Questi ragazzi incoscienti avrebbero potuto porre fine alle loro vite, e in un sol colpo, anche alla mia. Per questo mi considero incredibilmente fortunata per essere qui a raccontarla. Ma questo mi ha fatto desiderare molto di essere in Inghilterra o in Francia, o da qualsiasi altra parte, dove non è permesso di guidare per la strada a chi non ha imparato niente riguardo alla sicurezza, distanze di sicurezza e rispetto degli altri.
- La festa a Vico Equense
Come potete capire, se avete letto la prima parte della storia, ho mancato uno degli eventi del quinto appuntamento annuale di Gennaro, la più intima cena preparata dai giovani talenti emergenti della cucina della Campania e del sud. Non ho potuto mangiare.
La sera seguente c’era l’evento principale, quando la “crem de la crem” degli chef migliori d’Italia (circa 50) si radunano per cucinare insieme sulla spiaggia dell’Hotel Axidie, nell’enorme cucina Molteni. È un fantastico “gastro-party” per 3-400 persone, e insieme a loro il mio appetito è tornato in qualche modo. Si potrebbe dire che è stato riportato in vita da un’esperienza gustativa davvero memorabile. La cosa migliore per me è stata il “porca l’oca” di Giancarlo Perbellini, un’esplosiva cucchiaiata di foie gras, mentuccia zuccherata, pancetta di maiale e senape … tutto in un unico memorabile boccone.
La cosa divertente della serata è che ogni chef interpreta il “progetto” come vuole, l’idea è quella di offrire un piccolo piatto a 300 o più persone che stanno in piedi (e che probabilmente tengono il bicchiere nell’altra mano).
Mi è piaciuta l’ironia del budino di tonno di Agata Parisella, che aveva l’aspetto di un dessert, ma il sapore di un comodo - e mediterraneo - “pesce finto” fatto in casa.
Norbert Niederkofler ha portato un po’ di aria di montagna sulla spiaggia con il suo resinoso risotto agli aghi di pino con faraona affumicata, mentre Ilario Vinciguerra ci ha chiesto di guardare dentro una palla di cristallo, e poi di shekerare la tartare di gambero al suo interno, seguita da un gin-tonic lillipuziano … Andrea Menichetti ha preparato i suoi ormai famosi ravioli all’Olio, serviti su una crema fredda di pomodori dolci; l’elegante trippa di baccalà di Olive Glowig servita in piatto nero bianco e verde a forma di stella con caviale e taccole … ad accompagnare tutto questo fantastico cibo c’erano grandi vini, come il Chianti Classico Grotta del Sole, Zenato a tanti produttori più piccoli e amici che avevano portato i loro migliori cru per condividerli con noi. Una serata memorabile, che ha rinnovato il mio desiderio di viaggiare in ogni parte di questo paese e di mangiare e assaggiarne i vini. Grazie Gennarino!
Carla Capalbo
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