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Come l’“araba fenice”, il turista del vino rinasce dalle proprie ceneri personificato da due nuove figure, il “turista del buon vivere” e l’“innamorato del vino”. I nuovi profili in una sorta di dottor Jekyll e Mister Hyde ...
di Bernardo Lapini

Il turista del vino italiano ha mutato radicalmente il suo “dna”, abbandonando la sua originaria identità: al classico modello sociologico dell’enoturista “indifferenziato” dei primi anni Novanta, ormai decisamente tramontato, si vanno progressivamente sovrapponendo almeno due profili distinti, che, come l’“Araba fenice”, rinascono dalle ceneri del “defunto” turista del vino.
I protagonisti attuali dell’eno-turismo (che saranno analizzati a Vinitaly, Verona, 29 marzo-2 aprile 2007, la più importante fiera internazionale di settore) possono essere rappresentati da due nuove figure di riferimento, che esprimono esigenze distinte o, se vogliamo, corrispondono ad una “segmentazione” di mercato, espressione di forme di offerta diverse, destinate a scelte aziendali di marketing targetizzato: da una parte, un soggetto più attento al rapporto qualità/prezzo, figlio dell’attuale economia, animato da un fresco interesse per il vino ma anche per la ruralità in senso lato che lo accompagna; dall’altra, un individuo, più smart ed enologicamente molto esperto, disposto a spendere anche cifre importanti e attentissimo ad ogni minimo dettaglio. Due figure tendenzialmente distanti, ma che, in alcuni casi, possono anche confondersi, e perfino identificarsi. Talvolta, infatti, il turista del buon vivere e l’innamorato del vino sono la stessa persona, riproducendo una sorta di doppia identità alla dottor Jekyll e Mister Hyde: con la moglie e la famiglia, per esempio, nei panni del turista del buon vivere; da solo o con amici, altrettanto appassionati, come innamorato del vino.
Ma vediamo più da vicino chi sono questi due nuovi soggetti. Il turista del buon vivere vede nel vino la prerogativa necessaria, ma non sufficiente del suo viaggio, perché per lui quell’elemento ha bisogno di una contestualizzazione con altri elementi quali cultura, cibo, storia ...; per l’ innamorato del vino, esiste solo il vino declinato in tutte le sue possibili forme non solo immediatamente organolettiche, ma produttive ed estetiche. Il turista del buon vivere non è giovanissimo e viaggia soprattutto con la famiglia, specialmente nelle vacanze di calendario ed estive. Non compie grandi spostamenti per raggiungere le mete prescelte, che rintraccia su internet, oppure utilizzando le indicazioni di amici e conoscenti. Spende con giudizio, non necessariamente privilegiando il vino ed è attento più al “generale” che “al particolare”, nel senso che ricerca un complessivo equilibrio dell’offerta del territorio che visita fra bellezza del paesaggio, ristorazione, con una netta preferenza per la gastronomia tipica, cordialità degli abitanti, mitezza del clima e patrimonio artistico-culturale.
L’innamorato del vino legge abitualmente le riviste e i siti specializzati e consulta pressoché tutte le guide in commercio, ha un’età compresa fra i 35 e i 45 anni, un titolo di studio elevato e un livello di reddito medio-alto. Nelle sue vere e proprie “spedizioni” a sfondo enologico viaggia prevalentemente da solo o in compagnie poco numerose formate da pari “grado” di coinvolgimento. Non si accontenta del semplice albergo, ma cerca il resort in azienda, non guarda solo alla cucina tipica, ma si aspetta di trovare nelle cantine che visita il ristorante del grande chef; più di degustare i vini in azienda e/o di acquistarli, vuole, per esempio, assaggiare i prodotti ancora in fase di affinamento e, dove possibile, vuole confrontarsi direttamente con il produttore.
Per “imbrigliare” queste due nuove figure, commercialmente molto interessanti (ma anche come risposta al “libeccio della crisi” non ancora del tutto sopito), le aziende, almeno quelle più sensibili ed attente, hanno rivisto le proprie strategie nei vari territori d’appartenenza. Da un lato, crescono, specialmente nei terroir più importanti, gli investimenti per ricavare ristoranti e foresterie a “cinque stelle” nelle tenute, e, dall’altro, si profila una nuova tendenza organizzativa dell’“eno-ospitalità” aziendale: una sorta di “formazione” innovativa e coinvolgente destinata a questo speciale tipo di clienti, con attività eseguite direttamente insieme al produttore (potatura in vigneto, tagli dei blend …). Una gratificazione assoluta per l’innamorato del vino, che vive il suo rapporto con il nettare di Bacco in un modo totalizzante e selettivo, senza badare a spese e quasi dentro una sorta di sindrome di Stendhal enoica.

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