Il cambiamento climatico, che con tutta evidenza stiamo vivendo sulla nostra pelle, è una questione solo apparentemente lontana dai problemi di quest’annata così complicata per il comparto viticolo, che dovrà prendere provvedimenti in maniera strutturale per non farsi trovare impreparato nei prossimi anni. Già, ma come? La risposta, a WineNews, nel commento di Luigi Mariani, climatologo dell’Università di Milano, da sempre particolarmente attento non solo alle ricadute dei mutamenti climatici sull’intera agricoltura, ma anche nello specifico della viticoltura.
“Intanto - spiega il professore milanese - sarebbe auspicabile che la questione fosse guardata con occhio scientifico e cioè attraverso i principi basilari della scienza galileiana, a partire da una misurazione quantitativa dei fenomeni. Ma oggi che qualità dei dati abbiamo, chi sta facendo le misure? A giudicare da quello che circola nell’informazione generalista, siamo di fronte ad una serie di numeri sostanzialmente casuali, lontani da una pur limitata spiegazione veritiera di ciò che sta accadendo. Eppure - sottolinea Mariani - fu proprio la scuola galileiana ad introdurre, per esempio, il pluviometro”.
Senza dubbio, allontanato il sensazionalismo della calura targata 2017, il dato reale che resta è che “la siccità di quest’anno - prosegue il climatologo dell’Università di Milano - ha mandato in crisi un sistema perché arriva una volta ogni vent’anni e non più una al secolo. Il sistema si trova quindi a non essere più adeguato, a partire, per esempio, dalla capacità dei bacini d’acqua, e su questo è necessario un ripensamento del sistema stesso”.
Nel comparto viticolo significa, quindi, dover cominciare a pensare come investimenti necessari per le aziende gli impianti di irrigazione, per fare l’esempio più evidente. “Non so se sarà una comune spesa per ogni azienda viticola in Italia. Un’azienda deve fare dei conti, deve capire se conviene o no un impianto di questo genere - aggiunge Mariani - si tratta di guardare al sistema in termini razionali e non emergenziali e cioè considerando che le cose cambiano di anno in anno e le priorità continuano a cambiare. Bisognerebbe allora prendere i dati pluviometrici degli ultimi 30 anni della zona in cui si trova l’azienda, per decidere a ragion veduta cosa fare rispetto all’irrigazione e alla sistemazione idraulico agraria per contrastare l’eccesso idrico, ricordiamoci di passaggio dell’annata 2014, e fare una cosiddetta “normale climatica” - conclude Mariani - come segnala l’Organizzazione Metereologica Mondiale”.
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