Morey-Saint Denis, il rosso di Borgogna sorridente: quello in cui il carattere accogliente precede la sensazione di grazia. Accade il contrario nella location confinante (Chambolle Musigny), più sottile ed eterea. Ma qui, su questi terreni di marna rossa con sottosuolo ricco di fossili dove il Pinot Noir ha trovato un habitat di accogliente favore, crescono uve madri di vini dai toni più caldi e speziati, e di stoffa tattilmente più consistente. Simbolo e apice della denominazione è il Clos de la Roche insieme al Clos de Tart e al meno forse frequentato Lambray. Ma location come Les Chevenery (e l’interpretazione di Lignier-Michelot, 120 anni di storia decollata definitivamente prima degli anni Quaranta e che a Morey inizia nel 1974, con l’acquisto di un ettaro e mezzo da parte di Maurice Lignier e sua moglie, Renée Michelot), marna e ciottoli attorno alle radici, viti di media età (sui 45 anni), partoriscono vino dal colore limpido e centrato, frutto nitido e appetitoso già delineato al naso, sfondo tannico presente, palpabile, giovane e ancora in evoluzione ma ben avvolto dalla polpa, apporto del legno sensibile ad inizio degustazione e più sfumato via via che il vino si prende il suo ossigeno e il suo spazio, concludendo in questa fase il suo viaggio su note appena tostate e ben integrate nel bouquet. Già in forma, appare destinato a crescere ancora nei prossimi otto-dieci anni.
(Antonio Paolini)
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