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ENCRY: LA PRIMA ED UNICA ETICHETTA ITALIANA UFFICIALMENTE ISCRITTA AL CIVC, E UNA STORIA, RACCONTATA A WINENEWS DAL PROTAGONISTA, ENRICO BALDIN, CHE PARTE DA PADOVA E FINISCE TRA I FILARI DI CHARDONNAY DI LE MESNIL-SUR-OGER

Italia
Enrico Baldin con il “suo” Champagne

“Lo Champagne! Nella vittoria lo si merita, nella sconfitta se ne ha bisogno”. Lo disse Napoleone Bonaparte, in quel di Reims, nel 1807, e oggi è lo slogan dell’unico Champagne “italiano” al mondo, Encry. E non è certo la più interessante delle curiosità che riguardano questa piccola realtà: tutto inizia nel 2003, quando Enrico Baldin, esperto di ingegneria naturalistica e ripristino ambientale, che all’epoca collaborava con diverse aziende del Chianti per alcuni progetti legati all’inserimento di verde col metodo delle idrosemine, dopo un convegno organizzato in Toscana, viene contattato da un produttore francese.
“Arrivato in Francia, scoprii - ricorda a WineNews, Enrico Baldin - che si trattava di un piccolo produttore di Champagne, che possedeva 7 ettari di vigneti a Le Mesnil-sur-Oger, uno dei 17 Grands Crus della Champagne, in piena Côte des Blancs, che, per tre generazioni, ha prodotto vin clair (il “vino base”) per Krug e Salon, tra i cui vigneti si trovano i suoi ettari vitati di Chardonnay”. Solo una piccola produzione rimane nella cava di pietra e gesso del vigneron, che, però, non lo commercializza “perché non aveva le potenzialità per costruire una cantina che gli permettesse di vinificare 70.000 bottiglie”, finché Enrico Baldin non ne porta una discreta quantità in Italia, dove ha presto successo.
Nasce così un business, “grazie anche ad un mio piccolo investimento, alla base del nostro rapporto di lavoro”, fino a quel momento neanche immaginato, che il vigneron ricompensa cedendo all’ingegnere italiano 2,8 ettari dei propri vigneti. Così, nasce Encry, “un nome di fantasia - racconta Baldin a WineNews - che ricorda il mio soprannome, Enry, con la “C” di champagne”. È il coronamento di un sogno, che condivide, sin dall’inizio, con la compagna, Nadia Nicoli, fondamentale anche nel momento in cui, da parte del Comité interprofessionnel du vin de Champagne (Civc) arriveranno i problemi, due anni dopo la nascita dell’etichetta, “ma non è stata la nostra italianità a creare problemi, semmai la rigidità del mondo del vino francese, in cui tutto è sotto il controllo del Comité, che si assicura che gli investitori esteri non vengano solo per sfruttare un nome, e che il valore aggiunto resti in Francia”.
Il pomo della discordia stava nell’assenza di una Maison dietro al nome Encry. Un problema risolto grazie all’aiuto dello chef de cave (il vigneron da cui tutto ebbe inizio...): un suo parente, nel 1917, aveva fondato Maison Blanche Estelle, di cui Nadia acquisisce la titolarità, sbloccando la situazione. Nasce così la prima ed unica etichetta italiana ufficialmente iscritta al Civc, con una produzione di circa 27.000 bottiglie l’anno, divise in quattro produzioni: Zéro Dosage, Millésime (sul mercato oggi si trovano il 2004 ed il 2005), Gran Rosé Prestige e Grand Cuvée.
“Ma noi non siamo i proprietari del vigneto o della terra, siamo - conclude Baldin - solo a capo della maison, e non siamo certo scappati, ma di certo quello dello Champagne è un territorio dominato da un certo conservatorismo, anche se lavorarci, poi, è assolutamente semplice, c’è un rigore produttivo e disciplinare, anche per chi ha scelto la via biologica, da cui non si può sfuggire”.
Info: www.champagne-encry.com

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