Oltre 2,1 miliardi di contrassegni prodotti per i vini Docg, Doc e Igt dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato in oltre un decennio, a confermare come lo strumento sia sempre più un punto di riferimento per la tutela e la valorizzazione dei vini italiani di qualità e una soluzione efficace per garantire autenticità, tracciabilità e lotta alla contraffazione. Questo il tema centrale del webinar organizzato, oggi, da Nomisma su “Il Contrassegno di Stato per consumatori e imprese vitivinicole: i numeri di un successo”, che arriva ad un anno dal decreto che permette di mettere le fascette, già obbligatorie sui vini Docg, anche, in maniera facoltativa, sui vini Igt, oltre che sui Doc.
L’export dei vini Dop e Igp vale l’89% sul totale delle esportazioni di vino italiano e ha come destinazione principalmente (il 61% vs 39%) i mercati extra-Ue dove “il grado di tutela - spiega Denis Pantini, responsabile Agrifood & Wine Monitor di Nomisma - è tendenzialmente più basso rispetto alle normative comunitarie”. Ecco allora che l’indagine spiega come per il 31% delle imprese vinicole intervistate il contrassegno sia garanzia dell’origine italiana del vino sui mercati esteri, mentre per il 27% lo strumento faccia da garante per l’anticontraffazione e rintracciabilità del prodotto. Solo il 15%, invece, crede che il contrassegno non aggiunga niente.
Tra le aziende italiane che adottano la fascetta, il 42% la applica su tutti i suoi vini, il 40% non lo fa (costi e burocrazia sono la ragione principale per il 49% degli intervistati), mentre il 18% lo fa solo su alcune bottiglie. Le motivazioni che spingono le imprese ad apporre il contrassegno sono, invece, molteplici: la più diffusa (62%) risiede nella volontà di voler certificare il prodotto, il 57% invece lo ha fatto per motivi di controllo e anticontraffazione, mentre il 49% per rafforzare la tracciabilità del prodotto. “La nostra testimonianza, in termini di contraffazione, è che il sistema funziona - ha sottolineato Luca Giavi, dg del Consorzio Prosecco Doc (il Prosecco è il vino più contraffatto al mondo, ndr) - noi siamo stati tra i primi dei vini Doc ad adottare il contrassegno e questo ci permette anche un maggior controllo all’interno della filiera stessa. Perciò crediamo che sia uno strumento indispensabile, pronti anche ad implementarlo. La tutela è una cooperazione tra le parti”.
Il report rivela anche come il contrassegno, secondo gli intervistati, restituisca maggiore fiducia al consumatore (43%), maggiore penetrazione sui mercati esteri (27%) e la possibilità di posizionarsi su fasce di prezzo più elevate (24%). Una percentuale simile a quest’ultima tuttavia, il 25%, ritiene invece che non ci sia nessun beneficio aggiuntivo. “Come Consorzio abbiamo sempre pensato che per tutto ciò che va nella certificazione di qualità, si debba sempre fare tutto il possibile per tutelarla e dal 1 agosto 2024 siamo partiti con il contrassegno anche per i nostri Igt - ha spiegato Libero Rillo, presidente del Consorzio di Tutela Vini del Sannio - la fascetta serve per tracciare la filiera e crediamo anche che ci saranno benefici e vantaggi commerciali perché il consumatore dà alle bottiglie con questo contrassegno un valore maggiore, oltre a dare riconoscibilità ai consorzi stessi”. C’è poi il tema del vino biologico, dove un’azienda su due ritiene che il fenomeno del falso bio sia piuttosto diffuso in Italia: così per il 54% delle imprese bio, anche in questo caso, il contrassegno rappresenterebbe un valore aggiunto.
Il focus si è poi spostato sugli Stati Uniti, il primo mercato di sbocco del vino italiano, in un report che ha confrontato i consumatori italiani con quelli statunitensi. Il vino tricolore viene reputato oltreoceano quello migliore in assoluto per il 38% degli intervistati, soprattutto per merito della qualità delle uve secondo il 48% del campione. “In una denominazione dove circa metà delle uve vengono raccolte da una cooperativa e perciò non sempre coincidono tra imbottigliatore, vinificatore e produttore, il contrassegno di Stato è comunque garanzia del sistema Italia”, ha detto Davide Frascari, presidente del Consorzio Tutela Vini Emilia Igt, la cui fascetta è ancora in fase d’adozione con l’obbligo che entrerà in vigore dal 1 agosto 2025. In effetti, quasi uno statunitense su due ritiene diffusa la contraffazione di vino italiano e uno dei timori principali è legato alle ripercussioni sulla salute: per il 22% degli americani la soluzione principale per combattere l’Italian Sounding è proprio quella di veder apposto sulle bottiglie il contrassegno della Repubblica Italiana in quanto sinonimo di autenticità. Il livello di conoscenza della fascetta non è però così noto negli States: solo il 37% è in grado di riconoscerla, con il 44% che però sarebbe disposto anche a pagare di più quel vino se dotato di contrassegno, mentre in Italia la percentuale di conoscenza sale del 68%, con l’82% propenso eventualmente anche a spendere di più.
“Con oltre 2 miliardi di contrassegni prodotti per i vini Docg, Doc e Igt, mai nessuno è tornato indietro - ha raccontato Matteo Taglienti, responsabile vendite dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - il contrassegno negli anni si è evoluto e si sta ancora evolvendo, metteremo il Qr code e anche dei riferimenti al tricolore. E stiamo facendo anche grandi sforzi in materia di comunicazione per rendere il contrassegno sempre più riconoscibile al consumatore, e anche a beneficio delle aziende stesse”.
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