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OSSERVATORIO DEL VINO

Nel 2017 il commercio mondiale di vino ha toccato i 35,3 miliardi di dollari, Usa al top

Nel mondo crescono spumanti e sfusi, ma i mercati storici, come Germania e Gran Bretagna, mostrano qualche difficoltà
OSSERVATORIO DEL VINO, UIV, WINE BY NUMBERS, Italia
In Italia gli acquisti di vino online sono effettuati soprattutto dai Millennial

Il valore del commercio mondiale di vino nel 2017 ha toccato i 35,3 miliardi di dollari, in crescita dell’1,5% sul 2016, di cui 25,28 miliardi di dollari di vino fermo (+1,5%), 6,32 miliardi di dollari di spumanti (+1,4%) e 3,36 miliardi di dollari di vini sfusi (+0,5%). Dati, quelli dell’Osservatorio del Vino, analizzati dall’ultimo “Wine by Numbers” dell’Unione Italiana Vini, che confermano tutte le tendenze degli ultimi anni, riassumibili in una grande stabilità nel mercato enoico globale, sia in termini di valore assoluto che di quote di mercato, con gli sfusi sotto il 10% (al 9,2%, ma è la prima volta che viene scorporato il dato dei bag-in-box, il cui mercato vale 478 milioni di dollari, ndr), i vini fermi al 71,5% e gli sparkling al 17,9%.
Analizzando le importazioni per le diverse tipologie, gli Usa si confermano primi nei vini fermi, con 4,3 miliardi di dollari, seguiti dalla Cina, arrivata a 2,55 miliardi di dollari (+28,1% dal 2008), davanti alla Gran Bretagna, a 2,51 miliardi di dollari (-4,8% dal 2008), quindi la Germania, con 1,76 miliardi di dollari e il Canada, a 1,62 miliardi di dollari. Tra i top exporters, invece, prima è la Francia, con 6,4 miliardi di dollari di bottiglie di vino fermo esportati nel 2017 (+0,5% dal 2008), seguita a distanza dall’Italia, a 4,7 miliardi di dollari (+1,4% dal 2008), e dalla Spagna, che ha spedito 2 miliardi di dollari di vini fermi (+1,9% dal 2008).
Spostando l’attenzione sugli sparkling, Usa anche in questo caso primi importatori (1,2 miliardi di dollari, +7,2% dal 2008), davanti a Uk (800 milioni di dollari, -0,6%), Giappone (542 milioni di dollari, +3,7%), Germania (470 milioni di dollari, -2,6%) e, a sorpresa, Singapore, a quota 346 milioni di dollari, in crescita del 5,3% dal 2008. In termini di spedizioni, la Francia è di gran lunga il primo esportatore di bollicine al mondo, grazie alla locomotiva Champagne, con 3,5 miliardi di dollari fatturati all’estero, ma una crescita, dal 2008, praticamente a zero (+0,1%). L’Italia, al secondo posto con 1,5 miliardi di spedizioni, sulle ali del Prosecco è cresciuta del 10,9% nello stesso periodo, con la Spagna stabilmente al terzo posto, con 518 milioni di dollari di spumanti venduti fuori dai confini nazionali, seguita da Germania (133 milioni di dollari, +1,6%) e Australia (43 milioni di dollari, -5,2%).
Più “animato” il mercato degli sfusi, con la Gran Bretagna primo importatore a quota 583 milioni di dollari, in crescita del 7,2% dal 2008, a fronte di un calo delle importazioni di imbottigliato, poco sopra la Germania, con 552 milioni di dollari (+0,2%), quindi Francia a 312 milioni di dollari (+1,9%), Usa a 274 milioni di dollari (+8,5%) e Cina a 159 milioni di dollari (+7,3%). Tra i Paesi esportatori guida la Spagna (628 milioni di dollari, +2,3% dal 2008), seguita da Italia (374 milioni di euro, -2,6%), Cile (340 milioni di dollari, +7,2%), Australia (315 milioni di dollari, +5,8%) e Nuova Zelanda (260 milioni di dollari, +26,8%).
Spulciando i trend dei singoli Paesi, va registrata una certa difficoltà della Germania, che nel 2017 ha importato 2,49 miliardi di euro di vino (poco meno del 2016, quando chiuse a 2,5 miliardi ), con il prezzo medio, già basso, che è sceso ancora, passando da 1,70 a 1,67 euro al litro, con gli spumanti crollati da 6,37 a 5,81 euro al litro, a fronte di una sostanziale stabilità di imbottigliato e sfuso. A risentirne, sul lungo periodo, è soprattutto la Francia, che ha visto assottigliarsi anno dopo anno lo “spread” con l’Italia: l’imbottigliato tricolore, infatti, sfiora ormai i 3 euro al litro, quello d’Oltralpe è tornato dopo anni sotto quota 3,50 euro. Anche l’evoluzione del prezzo medio delle bollicine sorride all’Italia, che ha guadagnato il 5% tra il 2013 ed il 2017, ma in questo caso la distanza resta abissale (4 euro al litro contro 12 euro al litro).
In Gran Bretagna, invece, le importazioni complessive sono cresciute sensibilmente a valore, a quota 3,04 miliardi di sterline (contro i 2,87 miliardi del 2016), portando il prezzo medio da 2,11 a 2,29 sterline al litro, anche e soprattutto a causa della debolezza della moneta britannica rispetto all’euro. La tendenza di lungo periodo, però, premia principalmente gli sfusi, che sono passati da una quota in valore del 6,2% nel 2008 al 14,9% del 2017, con l’imbottigliato che pesa per il 64,3% (ma valeva il 77,3% degli scambi nel 2008) e gli sparkling il 20,4% (il 16,6% nel 2008). Le spedizioni dell’Italia, in questo senso, ben raccontano la complessità del mercato britannico: tra il 2013 ed il 2017 il valore dell’import di spumanti è cresciuto del 25%, posizionandosi ad un passo dalla Francia, mentre, nello stesso periodo, il valore dell’imbottigliato ha perso il 4%.
Merita un approfondimento anche il mercato Usa, il più stabile tra i grandi importatori, e punto di riferimento per le esportazioni del Belpaese, che ha chiuso il 2017 con 5,9 miliardi di dollari di vino importato, un record, ad un prezzo medio di 4,89 dollari al litro, leggermente inferiore al 2016 (4,97 dollari al litro). Anche Oltreoceano, si assottiglia la quota di mercato, a valore, dell’imbottigliato, che vale il 74,1% del mercato (era all’83,1% nel 2008), a favore soprattutto degli sparkling, che rappresentano il 20,5% degli acquisti (14% nel 2008), mentre la percentuale dello sfuso è ancora marginale (4,6%). I tassi di crescita dell’Italia, per quanto riguarda l’imbottigliato, sono bassi (+1% nel periodo 2013-2017), ma stabili, seppure inferiori a Francia e Nuova Zelanda, con le bollicine che hanno messo a segno, nel lungo periodo, un +16%, affiancando, già dal 2016, gli sparkling francesi.

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