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Tra gli asset fondamentali dei brand del vino, ormai, c’è la social reputation, da costruire su Facebook, Twitter ed Instagram, come racconta a WineNews, da Vinitaly, Paolo Errico, ceo di Maxfone, leader nell’analisi comportamentale sui social

Non basta fare un grande vino, cercare i canali di vendita giusti, sottostare alle dinamiche di prezzo e gestire nel modo migliore possibile la propria azienda per assicurarsi una storia di successo. Oggi, infatti, è diventato fondamentale per un qualsiasi brand del vino, che sia una realtà aziendale o consortile, costruirsi una reputazione solida. Non più e non solo attraverso la pubblicità ed i media tradizionali, ma sui social network, diventati ormai media essi stessi, capaci ormai di vivere in una dinamica del tutto indipendente ed autosufficiente dagli altri. “La partita del digitale - spiega a WineNews Paolo Errico, ceo di Maxfone, società leader che si occupa di analisi comportamentale sui social media, dal forum organizzato a Vinitaly dal Consorzio del Soave “Wine Reputation tra app ed e-commerce” - si gioca su tutti i fronti, dai blog ai forum, ma molto sui social media. È cambiato molto l’approccio delle aziende, anche nel loro approccio alla comunicazione stessa: i social media hanno introdotto nuove possibilità, ma allo stesso tempo anche delle difficoltà di tipo culturale. Dopo cinque anni di sbornia da social network, oggi diventa fondamentale capire in maniera precisa quali siano i mercati ed i target da colpire e quali social utilizzare per mercati e target diversi. In realtà - continua Errico - oggi diventa importante fare delle analisi di mercato per capire quali sono i concept narrativi da raccontare su Twitter, Facebook o Instagram a seconda del prodotto che voglio vendere o del target al quale mi rivolgo. Se ho un Prosecco la narrazione dovrà essere adeguata ad un target, ad esempio di 18-35enni e quindi punterò su Instagram. Se ho altre tipologie di target, come il Brunello di Montalcino, dovrò pensare a qualcosa di diverso, per un target più alto, attraverso format diversi e su canali social diversi”.

La reputazione online, quindi, si costruisce “con un’attività di crosso marketing: il mio brand - spiega ancora il ceo di Maxfone - trova spunto e trova linfa attraverso un’attività di comunicazione che faccio, prodotto per prodotto e mercato per mercato, su più media dedicati a target specifici. Questa, per le aziende, è una complicazione, specie per quelle meno strutturate, ma il traguardo finale è quella di analizzare l’engagement ed i comportamenti, per capire come la mia reputazione cambia a seconda del tipo di contenuto, così da poter sviluppare nuove metodologie di comunicazione ed intercettare nuovi trend e nuove tendenze. In realtà, quindi, l’approccio ai social media, l’analisi ed il valore di engagement che ho, è un parametro che non ci serve soltanto a livello comunicativo, ma anche a livello strategico. Tutti i più grandi analisti finanziari dicono che la reputazione di un brand è un asset fondamentale di un’azienda. Non basta - continua Errico - avere vigneti, tenute , un prodotto eccezionale, ci vuole anche una strategia comunicativa eccezionale, a partire proprio dal web. Google, ormai, calcola efficacemente l’engagement rate ottenuto da un’aziende, ossia la misura della brand reputation”.

È importante che le aziende riescano a capire l’efficacia delle proprie azioni sui social, scoprendo quali siano i contenuti più richiesti dal proprio pubblico, quali i contenuti dei propri competitor, perché “la comunicazione social - dice il ceo di Maxfone - non può navigare per conto proprio, va gestita, ed è bene che le aziende inizino a prendere in mano le redini di questo asset”. Come? Analizzando da un punto di vista qualitativo la presenza sui social, perché “non si può continuare a definire social un’azienda solo perché ha tanti “like” su Facebook, sappiamo benissimo che si possono comprare i pacchetti di “like”. Parlare di engagement vuol dire parlare del frutto di un’attività che si fa tirandosi su le maniche e lavorando con i giusti strumenti di analisi, che mi permettano di capire in tempo reale quelli che sono i trend. La tendenza del biologico, ad esempio, era già emersa due anni fa in tutta la sua portata”.

Ogni realtà, quindi, va saputa comunicare nel modo e nel “luogo” giusto. Il Prosecco, ad esempio, “da leader sul mercato Usa dovrebbe puntare su Twitter: molti dei risultati ottenuti dal Consorzio derivano dal fatto che sul mercato americano Twitter è lo strumento più utilizzato. Oggi - continua Errico - si parla più di Prosecco che di Chianti, un vino prestigioso come l’Amarone è al quarto posto, dietro al Franciacorta, non a caso due bollicine, assai diverse, ma che sono riuscite a crescere enormemente. Un ottimo fenomeno è quello di Instagram: è vero che chi compra un prodotto di alta fascia è molto probabilmente in una fascia d’età che va dai 35 ai 50 anni e più, ma i ragazzi di oggi sono i consumatori di domani, e quindi vanno intercettati adesso. La battaglia per il target dei Millennials va combattuta con colossi come Heineken e Ceres, che investono in maniera pesante sui social, a partire proprio da Instagram. L’aspetto fondamentale - conclude il ceo di Maxfone - è la voglia di andare a parlare direttamente con l’utente finale, senza intermediari”.

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