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DAL PIEMONTE ALLA GRANDE MELA

Uniti nella diversità, per raccontare al mondo la propria identità: Barolo e Barbaresco a New York

Con le Langhe protagoniste tra le luci di Time Square, le riflessioni dei grandi produttori di Langa sul futuro del territorio più importante d’Italia

Divisi si va poco lontano, mentre uniti si cresce, si può affrontare il mondo, e si valorizzano le diversità. È il messaggio che oltre 200 produttori di Barolo e Barbaresco, due dei vini più importanti d’Italia, raccontano al mondo, da New York, tra le capitali del pianeta, mentre le Langhe, tra vigneti, castelli, trifolau, nocciole e sapori del territorio, si raccontano per immagini dagli schermi luminosi della centralissima Time Square, dove camminano con il naso all’insu migliaia di persone ogni giorno. È un messaggio di grande unità nella diversità - cristallizzata in etichetta dalla Menzioni Geografiche Aggiuntive (MGA), ovvero i “cru”, 181, quelli individuati, storicizzati e regolamentati, nel territorio del Barolo - quello che tiene banco tra critica internazionale, trade e consumatori americani, nella prima edizione di Barolo & Barbaresco World Opening (BBWO), format creato dal Consorzio del Barolo Barbaresco Langhe Alba e Dogliani, che, ieri, nella “Grande Mela”, ha mandato in scena la grande degustazione dei vini del territorio, con i focus sulle MGA, guidati da Alessandro Masnaghetti, tra i massimi esperti d’Italia. E che oggi chiuderà a Eataly Downton, con la cena di gala firmata dal n. 1 dei grandi chef del Belpaese, Massimo Bottura, che ha creato piatti ad hoc dedicati a Barolo e Barbaresco, la musica de Il Volo, tra i fenomeni musicali italiani di maggior successo internazionale, e la conduzione dello show man Alessandro Cattelan. La volontà dichiarata è quella di fare crescere ancora la conoscenza ed il prestigio del Barolo e del Barbaresco nel mondo (nel 2021 l’evento farà tappa a Shanghai, in Cina), non solo parlando al trade, ma anche ai consumatori. Ed i produttori, dai grandi nomi storici alle realtà più giovani, dalle piccole griffe alle cooperative che fanno qualità, sono convinti, in maniera corale, su quali siano i messaggi che i due più importanti alfieri delle colline vitate delle Langhe patrimonio Unesco devono raccontare.
“Non era mai successo di portare all’estero un numero così ampio di produttori delle Langhe - commenta, a WineNews, Angelo Gaja - da qui arriverà il messaggio che il Nebbiolo come varietà costruisce vini di fortissima identità, che deriva dalla fortuna che il Nebbiolo è piantato principalmente in Piemonte, e non ci sono confronti, come accade per merlot, chardonnay o altri vitigni, che danno vini che a volte non si riesce a riconoscere da dove vengono. Barolo e Barbaresco vengono da un posto specifico, hanno un fattore umano straordinario, a volte produzioni anche esigue, ma sono ambasciatori del nostro grande territorio. Abbiamo una gastronomia unica, il tartufo, scrittori come Pavese e Fenoglio che hanno scritto una grande storia, e finalmente siamo arrivati a mettere tutto questo sul palcoscenico”.
“Per crescere ancora Barolo e Barbaresco devono comunicare quello che raccontano qui a New York - spiega Andrea Farinetti, alla guida di Fontanafredda e di tutta la galassia vinicola della famiglia Farinetti - ovvero una grande unità, con oltre 200 produttori, uniti nel segno della massima qualità dovuta ad un territorio magnifico. Deve comunicare questa creazione delle MGA, che, da qualche anno, il Consorzio ha lanciato prendendo spunto dalla storia del Barolo. Con l’unità tra produttori e queste massime punte espressive possiamo davvero conquistare il modo”.

“I nostri vini devono semplicemente raccontare la storia di un territorio unico, irripetibile e speciale, nelle sue diverse sfumature ed interpretazioni”, sottolinea Valentina Abbona, alla guida della storica Marchesi di Barolo, mentre secondo Luca Monchiero della Monchiero Fratelli, “Barolo e Barbaresco devono saper raccontare la tradizione, ma anche l’innovazione, la capacità di stare al passo con i tempi, con il clima, il cambiamento del lavoro in vigna e dei mercati”. Secondo Giorgio Pellissero, alla guida della cantina, una delle chiavi di volta è puntare sulla caratteristica del Nebbiolo, che da vini “di grande personalità e capaci di esaltare tantissimo il cibo. E riuscire a proporlo con una cucina internazionale, e non solo italiana, rappresenta una grande sfida.
Sull’importanza di raccontare l’unità del territorio, con i produttori coesi tra loro, insistono produttori come Ettore Germano ed Enzo Brezza, e anche grandi cooperative, come la Produttori del Barbaresco, con Luca Cravanzola. Mentre secondo Stefano Pesci, direttore della Terre del Barolo, deve passare un “messaggio di eccellenza assoluta, di grandi peculiarità, di un territorio che esprime diversità con uno straordinario vitigno che è il Nebbiolo, che varia la sua espressione in maniera sensibile al variare di altitudini, esposizioni e terreni, per un territorio da raccontare nel dettaglio agli appassionati di questi grandi vini”.
Una visione, dunque, condivisa da produttori storici e realtà più giovani, da piccole griffe e grandi cooperative, e sintetizzata dalle parole del presidente del Consorzio del Barolo, Matteo Ascheri: “Siamo qui per dire al mondo chi siamo e cosa facciamo. Ci sono oltre 200 cantine aziende, ognuna con la sua individualità, ma così uniti è la prima volta che ci presentiamo, il messaggio è forte. Perché c’è il territorio, il vitigno, ma fondamentalmente ci sono i produttori, le persone che fanno la differenza. Vogliamo che i nostri marchi siano conosciuti da più persone possibile nel mondo, anche dal consumatore finale, che si deve appassionare a noi e chiedere Barolo e Barbaresco quando entra in un negozio al ristorante”.
Altro punto condiviso è quello della grande importanza delle Menzioni Geografiche Aggiuntive (MGA). I cru, in parole semplice, che nel territorio sono storia almeno dagli Sessanta del 1900, quando produttori come Renato Ratti, per esempio, hanno iniziato a vinificare separatamente le uve di singoli vigneti, come spiegato da Alessandro Masnaghetti. Un pezzo di storia che il Consorzio ha tradotto in regole precise, con le MGA arrivate nei disciplinari nel 2007 per Barbaresco e nel 2010 di Barolo, che non solo hanno fatto crescere il prestigio del territorio, ma anche i valori, se si pensa che oggi, nei migliori cru, per un ettaro si parla di oltre 2 milioni di euro.

“Le MGA sono importantissime - sottolinea Ascheri - perché oggi la qualità è fondamentale, una condizione necessaria, ma non più sufficiente. Servono individualità e riconoscibilità dei vini, e questo dipende dal territorio, dal vitigno e dalle persone con le loro interpretazioni. Le MGA sono la sublimazione di tutto questo, perché qui i vini sono 100% Nebbiolo, che arriva da un vigneto solo, che è unico ed irripetibile. E sono uno strumento per portare le Langhe ed i loro vigneti in tutto il mondo”.
Quello sulle MGA “è stato un a lavoro importantissimo, fondamentale per raccontare l’unicità del territorio nelle sue diverse espressioni, che sono tante e bellissimi - aggiunge Valentina Abbona - da scoprire una ad una che raccontano una diversità importantissima. Ed è bello tutto questo sia conosciuto nel mondo dagli appassionati”.
“Storicamente il Barolo ha origine dal blend di diverse zone e cru, perché così si riusciva ogni anno a creare un vino “perfetto”. Ma dall’altra parte - racconta Andrea Farinetti - i francesi insegnano che la valorizzazione dei cru specifici è importante, e questo in Langa esiste già dagli anni ’60. oggi abbiamo delle regole, delle superfici, dei cru ed ognuno ha le sue qualità. Il mondo è pronto, gran parte del mondo lo è perché già ci conosce. Sui nuovi mercati si dovrà partire, con calma, senza fretta. Ci vogliono centinaia di anni per consolidare un mercato, noi cominciamo a raccontare per bene e poi tutti capiranno la forza di queste due denominazioni”.
“Sui Cru dobbiamo ringraziare chi ci ha preceduto, che ha mantenuto le nostre colline nella maniera ideale per produrre grandi vini - spiega Giorgio Pellissero - chiaramente oggi ci sono valori per cui è molto difficile per i contadini come noi investire, non si riuscirà più a far crescere le dimensioni delle aziende, perché sono valori insostenibili per le piccole cantine. Però sono un valore che ci siamo guadagnati con il sudore, e che dobbiamo raccontare al mondo con fierezza”.
“I Cru sono fondamentali per relazionare il gusto del vino in bottiglia alla “piastrella” di territorio da cui nasce. Le Mga non devono essere solo un valore in sé, ma un messaggio di identità per il vino che si sta bevendo”, aggiunge Ettore Germano, mentre secondo Enzo Brezza “sono l’esaltazione massima del singolo vigneto attraverso il Nebbiolo”.
Un lavoro, quello fatto sulle Mga, che secondo Luca Monchiero è stato fondamentale perché “ha dato possibilità ad aziende con piccole parcelle di vigna di innalzare il livello di qualità e di immagine, e ha dato una grande mano a far capire quanta differenza c’è in ogni bicchiere e bottiglia. Il sintesi, la mga incide tantissimo sui valori e sul prestigio che la bottiglia riceve”. E, da queste riflessioni, Barolo e Barbaresco, tra i più grandi vini italiani, già affermatissimi nel mondo, vogliono ripartire per crescere ancora.

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