Il vino naturale ... esiste. Almeno in Francia, dove i vignaioli naturali, al termine di una battaglia durata quasi dieci anni, hanno ottenuto il riconoscimento formale, da parte delle autorità d’Oltralpe, all’esistenza - appunto - del “vino naturale”, definito da un disciplinare di produzione che ne permetterà la commercializzazione sotto la dicitura “vin méthode nature”, che riconosce e certifica l’adempimento ad una serie di criteri stabiliti da un protocollo dedicato messo a punto dal neonato Sindacato del Vino Naturale (nato a novembre 2019 proprio con l’obiettivo di accelerare l’iter del riconoscimento governativo, ndr) presieduto dal vignaiolo della Loira Jacques Carroget, in collaborazione con il Ministero dell’Agricoltura e l’Inao - Istituto nazionale dell’origine e della qualità. Il nome - “vin méthode nature” - è frutto di una mediazione, visto che il regolamento europeo vieta la terminologia “vino naturale”, e adesso la nuova denominazione sarà oggetto di un periodo di prova di tre anni.
Ma quali sono le linee guida produttive, e quindi le regole, che dovranno seguire i vigneron per meritare la certificazione? Prima di tutto, le uve devono essere raccolte a mano, da viti allevate secondo i principi dell’agricoltura biologica - con tanto di certificazione - e la fermentazione deve essere fatta solo con lieviti naturali. Inoltre, sono vietate tecniche in vinificazione definite “brutali”, come la filtrazione a membrana a flusso incrociato, la pastorizzazione flash, l’arricchimento dei mosti per osmosi inversa, la termovinificazione, mentre i solfiti sono ammessi solo fino ad una quantità di 30 mg/litro. Il rispetto di questi principi, su cui vigilerà un organo esterno, permette l’utilizzo del bollino che, nei prossimi mesi, troveremo sulle bottiglie prodotte da un centinaio di aziende francesi (ma anche da un paio di vignaioli italiani e altrettanti spagnoli), per un totale di 1.000 ettolitri di vino, già certificato e conforme alle regole stabilite dal sindacato presieduto da Jacques Carroget.
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