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EDITORIALE

2019

Ci ricorda la recente scomparsa di Ezio Rivella - uno degli uomini decisivi per il successo mondiale del Brunello - la storia di quello che è diventato il rosso toscano più famoso al mondo. E ci ricorda che, a cavallo tra la fine del Novecento e l’inizio del Nuovo Millennio, anche a Montalcino si rincorreva un’idea di vino diversa a quella ricercata attualmente. Con il clima - a ben guardare protagonista anche allora - non sempre così favorevole alla produzione di Sangiovese potenti e muscolari. Oggi la situazione, paradossalmente, non è cambiata. Sono cambiati i caratteri ricercati nei vini - freschezza e finezza - che il clima attuale, però, non può garantire quasi mai. E così il 2019 andrebbe classificato, dati climatici alla mano, come un millesimo solare e generoso, con una caratterizzazione dell’annata più vicina a quella della 2015 che non a quella della 2016. Dunque, una bella annata (confermato dall'interesse dei mercati), ma non una annata regolare (e quindi grande). A testimoniarlo anche la concentrazione, in termini di vini, delle migliori espressioni in poche etichette - sempre le stesse, peraltro, anche se con qualche bella novità. Il che ci racconta di un’areale dove il livello qualitativo è elevato, ma non così diffuso come ci si potrebbe aspettare. E se, dal lato territoriale, emerge una sempre maggiore distanza tra le caratteristiche dei vini ottenuti al nord o al sud della denominazione, crescono di pari passo, dal lato produttivo, anche le differenze di approccio stilistico dei vari produttori, con vini, in alcuni casi, addirittura spiazzanti (nel bene o nel male). Insomma, c’è molto lavoro da fare.

(fp)

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