02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

FEUDI DI SAN GREGORIO, SIMBOLO DELLA VITICOLTURA IRPINA, FINANZIA LE UNIVERSITÀ DI MILANO E DI NAPOLI PER STUDIARE IL VITIGNO AGLIANICO. I RISULTATI DELLA RICERCA A BENEFICIO DI TUTTO IL TERRITORIO. I PROGETTI DIRETTI DAI PROFESSORI SCIENZA E MOIO

Italia
Marco Gallone, ad Feudi di San Gregorio

Un’azienda vinicola che finanzia una ricerca enologica di due università, i cui risultati andranno a beneficio di un intero territorio: è il caso di Feudi di San Gregorio, azienda-simbolo dell’enologia dell’Irpinia, che ha avviato una collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e quella di Napoli. L’oggetto delle ricerche sarà il vitigno Aglianico, di cui si cercherà di capire tutte le sfaccettature e le potenzialità, e di risalirne alle origini.

“Il rapporto tra università e azienda è fondamentale - ha detto a Winenews Marco Gallone, amministratore delegato Feudi di San Gregorio - se si vuole studiare a fondo un argomento, come nel nostro caso l’origine di un vitigno, in maniera scientifica. E questo non si può che fare con l’apporto di autorevoli studiosi quali sono quelle da noi individuati nelle due università, Milano, per gli aspetti agronomici, con il professor Scienza, e Napoli, per l’aspetto enologico, con il professor Moio”.

L’ateneo lombardo, in particolare con il gruppo di lavoro guidato dal professor Attilio Scienza, un’autorità a livello mondiale nel campo delle ricerca vitivinicola, si occuperà degli aspetti agronomici che vanno dalla zonazione vinicola delle aree di produzione non solo dell’Aglianico, ma anche del Fiano, del Greco e della Falanghina per capire a fondo quale sia la miglior interazione “vitigno per ambiente” attraverso le tecniche dell’enologia varietale, al miglioramento genetico dei vitigni campani con la selezione dei cloni e del loro adattamento sanitario al territorio, e anche attraverso la mappatura del Dna, per individuare le fonti genetiche dei caratteri di pregio, e per poter migliorare e arricchire, attraverso incroci mirati la complessità aromatica delle varietà. Senza dimenticare il recupero e la conservazione dei vitigni minori e a rischio estinzione, per proteggere e valorizzare la biodiversità viticola della Campania e del sud Italia.

L’Università Federico II di Napoli, con lo staff guidato dal professor Moio, il primo ad aver scritto una monografia incentrata proprio sull’Aglianico, e coordinatore del triennio di studi dedicato al vitigno, si occuperà invece degli aspetti più strettamente enologici. L’obiettivo è quello di mettere in luce e comprendere le origini delle peculiarità sensoriali del vino Aglianico prodotto nelle tre aree tipiche: Taurasi, Taburno e Vulture. I ricercatori, nei vigneti messi a disposizione da Feudi di San Gregorio, studieranno l’influenza della diversa composizione del suolo e delle diverse condizioni microclimatiche sulla produzione di quelle molecole che sono direttamente o indirettamente responsabili del colore, del gusto e dell’aroma dei vini Aglianico prodotti dalle uve provenienti dalle tre aree geografiche. Le microvinificazioni che saranno condotte dal 2008 al 2010 consentiranno la caratterizzazione polifenolica ed aromatica dei vini così come la definizione del loro profilo sensoriale. Tra gli obiettivi della ricerca partenopea quello individuare dei siti all’interno dei vigneti corrispondenti a parcelle in grado di fornire uve dalla cui vinificazione possano ottenersi vini ben tipizzati e strettamente legati al territorio, così come già accade nella viticoltura francese.

Ecco in sintesi le linee guida dei progetti:

Progetto Aglianico: esplorazione e valorizzazione della variabilità intravarietale. L’Aglianico è un vitigno di antica coltivazione dell’area campano-lucana, che nel corso dei secoli ha differenziato un’ampia variabilità interna, solo parzialmente riferibile alle tre tipologie note: Taburno, Taurasi e Vulture.

Il progetto intende:

- recuperare e valutare i biotipi non ancora caratterizzati, attraverso l’esplorazione degli impianti secolari, negli areali di antica coltivazione;

- caratterizzare, mediante gli strumenti della biologia molecolare, le differenze nei potenziali di espressione qualitativa dei biotipi Taburno, Taurasi e Vulture;

- caratterizzare le differenze indotte dalle condizioni di suolo e clima, nei principali areali di coltivazione dell’Aglianico, sull’espressione del potenziale qualitativo delle uve, ed in particolare sulla componente polifenolica (materia colorante e tannini) e aromatica.


La curiosità - Il poeta Orazio, cantore del vino lucano. Feudi di San Gregorio presenta il libro “Ditirambo Lucano” del professor Francesco Sisinni, per oltre vent’anni direttore del Ministero dei Beni Culturali ...

Parlare di territori del vino, degli effetti benefici del nettare di Bacco, e della moderazione nel berlo. Sono i temi intorno ai quali ruota la comunicazione del vino di oggi. Ma c’è chi aveva anticipato i tempi, oltre 2000 anni fa. Era il poeta Orazio, nella Roma del primo secolo avanti cristo, a celebrare con i suoi ditirambi, i versi originari dell’antica Grecia per celebrare Dioniso, le virtù del vino della sua terra, la Lucania, ma anche i modi in cui berlo, senza fretta e in situazioni ad hoc, e senza esagerare.

Versi che hanno ispirato “Ditirambo Lucano”, opera del professor Francesco Sisinni, docente di Filosofia e direttore del Master in Studi storico-artistici all’Università degli Studi Lumsa di Roma, non che creatore, insieme a Giovanni Spadolini, e poi per oltre venti anni direttore del Ministero dei Beni Culturali.

In “Ditirambo Lucano”, edito da De Luca Editore d’Arte e presentato ieri a Roma dall’azienda Feudi di San Gregorio, si ripercorrono quei versi in cui Orazio, come ha spiegato Gerardo Bianco, ex deputato e docente dell’Università di Parma, “canta la cultura della vino, come più grande cantore del lavoro della vigna e dell’agricoltura”. “Orazio - ha aggiunto Bianco - cercava di riproporre i vini italici indicando le aree, le zone di provenienza e non i vitigni”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli