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TENSIONI INTERNAZIONALI

Il vino al centro dello scontro commerciale sull’asse Canada-Usa e Cina-Australia

Gli Usa si rivolgono al Wto contro il limite ai vini importati nei grocery store della British Columbia, Australia e Cina ai ferri corti

Non è tutto oro quello che luccica. Anche quando si parla di rapporti commerciali a prima vista idilliaci. Prendiamo ad esempio Stati Uniti e Canada: le spedizioni di vino nel 2017 dagli Usa al vicino del Nord, hanno toccato i 350 milioni di euro, in crescita dell’1,8% sul 2016, che valgono la terza piazza (ma a una mancia di milioni di euro, ndr) dietro a Francia (359 milioni di euro) e Italia (352 milioni di euro). Eppure, l’apertura del Governo di Ottawa alla vendita di vino anche nei grocery store, partendo da quelli della British Columbia, e allentando così la stretta del Monopolio Statale, ha scatenato da mesi le proteste dell’Amministrazione Trump, pronta adesso a rivolgersi alla massima autorità in tema di commercio mondiale, la World Trade Organisation (Wto). Il motivo è piuttosto semplice: l’apertura al vino allo scaffale riguarda esclusivamente il vino canadese, un vincolo inaccettabile all’interno dei trattati commerciali che regolamentano i rapporti tra i Paesi del Nord America, ossia il Nafta, di cui il vino Usa ha goduto particolarmente: basti pensare che l’export verso il Canada nel lontano 1987 valeva appena 22,9 milioni di dollari, oggi è invece il primo mercato di sbocco. Adesso, dopo il nulla di fatto delle trattative tra i due Governi del 2017, il Segretario all’Agricoltura americano Sonny Perdue e il Trade Representative Robert E. Lighthize, hanno annunciato la volontà del Governo Trump di rivolgersi direttamente al Wto affinché venga istituito un comitato ad hoc che risolva la controversia.
A proposito di rapporti commerciali solidi, ma allo stesso tempo problematici, anche tra Australia e Cina pare esserci qualche ostacolo. La più grande compagnia enoica del secondo esportatore di vino sulla piazza cinese (con una quota di mercato del 26,04%, pari a 808 milioni di dollari nel 2017, ndr), Treasury Wine Estates, lamenta ritardi importanti alle dogane cinesi, un vero e proprio blocco che, stando a quanto dice il gruppo enoico australiano, riguarderebbe solo i vini in arrivo dall’Australia. Una lamentela rimandata al mittente direttamente dal Ministero degli Esteri di Pechino, che attraverso il suo portavoce, Lu Kang, mette in guardia il Governo di Canberra, con cui le tensioni commerciali sono particolarmente tese già da qualche tempo. Il Governo australiano, infatti, nel 2017 ha proposto una legge contro le interferenze straniere in politica interna, in risposta proprio alle presunte pressioni cinesi, scatenando l’ira di Pechino, con tanto di duri editoriali sui principali quotidiani del Paese (tra cui il “Global Times”) che ricordano come in ballo ci siano almeno 10 miliardi di dollari di export assolutamente sostituibili, a partire proprio da vino e carne bovina ...

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