Anche al Marroneto, si è fatta sempre più attraente la sfida con il Rosso di Montalcino. Una tipologia, spesso lasciata sullo sfondo, ma che, nel recente passato, ha ritrovato un suo proprio appeal a cui è difficile restare indifferenti sia da appassionati che da produttori. Ecco allora il Rosso di Montalcino firmato da questa importante realtà del Brunello, che è, al tempo stesso, il vino che porta il nome del figlio di Alessandro Mori, ormai anche lui coinvolto a pieno regime nei destini aziendali. La versione 2019 ha naso etereo e floreale con tocchi fruttati e di macchia mediterranea. In bocca, il sorso è solido e fruttato dal finale fragrante e goloso. Il Marroneto, il cui nome evoca l’antica funzione di essiccatoio per castagne dei locali della cantina aziendale, fu acquistato nel 1974 dall’avvocato Giuseppe Mori, e suo figlio Alessandro, anche lui avvocato, ne è diventato, nel 1994, il “deus ex machina”. Dapprima recependo gli insegnamenti dall’enologo Mario Cortevesio (nel 1998 gli subentrerà Paolo Vagaggini), e poi, diventando lui stesso l’artefice dei suoi vini. Dai 6 ettari a vigneto, distribuiti a ridosso delle mura di Montalcino e sul versante nord-ovest di Montosoli, Il Marroneto ricava 30.000 bottiglie all’anno, ma quello che più conta è il fatto che sia riuscito a scrivere tra le pagine più avvincenti della denominazione, almeno di quelle del primo ventennio del Nuovo Millennio.
(are)
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