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LA RIFLESSIONE

Vino e salute: no a demonizzazioni, investire in ricerca e comunicazione

La necessità di un rapporto corretto e responsabile con il vino nel messaggio del convegno ad “Orvieto, città del Gusto, dell’Arte e del Lavoro”
CONSUMI, ORVIETO, SALUTE, vino, Italia
Un calice di vino (ph: Alevision.co via Unsplash)

Il consumo di vino deve essere un atto culturale e consapevole: inutile demonizzare - l’Oms ha proposto uno studio che non fa distinzioni tra le unità alcoliche, per cui il vino è assimilato ai superalcolici, e non si distingue, in sostanza, tra consumo e abuso - bensì investire nella ricerca (per valutare danni e benefici) e nella comunicazione (per promuovere un corretto approccio al consumo). E’ il messaggio che emerge dal convegno “A tavola con la scienza: la salute dell’uomo passa anche dal legame con la natura e i suoi prodotti”, di scena, ieri, ad Orvieto.
Sul palco medici e specialisti ed enologi e protagonisti del mondo del vino che hanno evidenziato la necessità di raccontare l’importanza del legame tra la salute dell’uomo e i prodotti della natura e del territorio, sottolineando la necessità di un rapporto corretto e responsabile con il vino che non è generalmente percepito come potenzialmente pericoloso dal punto di vista sanitario. Ad aprire il convegno - nella rassegna “Orvieto, città del Gusto, dell’Arte e del Lavoro”, promossa da Fondazione Cotarella e Orvieto Way of Life - è stato Riccardo Cotarella, presidente italiano ed internazionale degli enologi, che ha puntualizzato il suo punto di vista riguardo le ultime indicazioni dell’Oms sull’alcol e dell’importanza del turismo del vino: “chiariamo subito il concetto che l’atto di bere il vino deve essere fatto con intelligenza e voglia di conoscenza, non per dissetarsi. Il vino identifica, inoltre, il territorio in cui viene prodotto ed è fonte di sostegno per la comunità, soprattutto per il turismo che genera. L’enoturismo è un’esperienza in cui la degustazione delle produzioni vinicole locali si abbina alla visita dei luoghi e dei territori di produzione, alla conoscenza della cultura, delle tradizioni e della gente che qui vive”. Concetto ribadito da Umberto Capitanio, specialista urologo all’Istituto Scientifico San Raffaele di Milano, per cui “solo la ricerca scientifica può fornirci soluzioni sempre più dettagliate. L’Oms ha proposto uno studio che non fa distinzioni tra le unità alcoliche per cui il vino è trattato come la vodka ! Il San Raffaele sta facendo una ricerca sui danni e sui benefici di alcuni alimenti (tra cui il vino)”. Si è, quindi, parlato di malattie e dipendenza con Massimo Bracaccia, direttore del Dipartimento Area Medica Ausl Umbria n. 2, specialista in Endocrinologia e Medicina Interna, per cui “le malattie autoimmuni (come la celiachia) nascono da una modifica della flora batterica intestinale a causa di un’alimentazione scorretta e dell’utilizzo di alcuni farmaci. La dieta mediterranea aiuta a contrastare le malattie cardiovascolari. Il vino, con i suoi polifenoli (flavonoidi, in particolare) abbassa i rischi cardiovascolari, ha effetti anti infiammatori”. Secondo Andrea Giordano, specialista in Medicina Interna, in nefrologia, in malattie reumatiche e autoimmuni, terapia del dolore, ozonoterapia antalgica, “internet propone soluzioni standard per chi fa ricerca in rete, mentre serve un adattamento della proposta nutrizionale al paziente che si ha di fronte, in termini di anamnesi, stile di vita e gusti alimentari”. Massimo Marchino, medico chirurgo, specialista in Psichiatria-Psicoterapeuta e Responsabile Servizio per le Dipendenze di Orvieto, specifica che “la dipendenza da alcol si sviluppa più lentamente nel tempo e compare solitamente dopo i 40 anni. Per curarla serve un intervento multidisciplinare e di lungo periodo, per contrastare le ricadute. Esistono motivazioni diverse tra bevitori moderati e dipendenti” e Gelsomina Leone, pediatra, spiega come “nei ragazzi, l’alcol è sinonimo di diventare grandi. Questa equazione va eliminata tramite la conoscenza e l’educazione alla campagna e alla produzione dei prodotti agricoli, tra cui anche il vino”.Emilia Chiuinipresidente dell’Umbria dell’Associazione Nazionale Arca, ha sottolineato come “la prevenzione costa meno della cura. Tra le varie linee guida europee 2021 sulla prevenzione ci sono 300 minuti a settimana di attività fisica che non sono un rimedio ma un alleato nella lotta alla vita sedentaria, mangiare in maniera corretta secondo la dieta mediterranea che vuole un uso moderato di alcol e dedicare almeno 6-8 ore di sonno notturno. Il vino è cultura, convivialità e commercio (per il reddito generato)”. Nozioni confermate dal cardiologo ed internista, già direttore della Cardiologia Ospedale di Cortona Franco Cosmi: “molti studi fatti nel tempo hanno dimostrato che 1 o 2 bicchieri di vino al giorno riducono la mortalità complessiva per le malattie legate alla cardiopatia ischemica: il vino non aumenta e non riduce la mortalità complessiva legata a cardiopatia ischemica. Inoltre studi più recenti hanno dimostrato che in pazienti malati per scompenso cardiaco un uso moderato di vino non influenza la mortalità ma ha effetti benefici sulle condizioni di vita. Per stare bene bisognerebbe applicare la legge numerica 0-1-5-25-30: 0 sigarette, 1 bicchiere di vino, 5 porzioni di frutta, verdura e legumi, 25 Bmi, 30 minuti di attività fisica. Seguendo queste regole diminuisce la demenza senile e il diabete e si allunga l’aspettativa di vita di 14 anni”. Quindi, cibo inteso come buono, pulito e giusto (in termini di remunerazione) secondo Monica Petronio, presidente Slow Food Umbria, che ha chiarito che “Slow Food incentiva il legame tra produttori e consumatori in un’ottica meno antropocentrica”. Una parola sulla comunicazione, alla fine del convegno, secondo Fulvio Zendrini, docente e giornalista specializzato in cibo, gastronomia e ristorazione, “la comunicazione è fondamentale, bisogna mettersi insieme e sviluppare una campagna di promozione di una nuova immagine del vino (italiano in primis), utilizzando linguaggi comprensibili a tutti”.

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