Quattro generazioni di pescatori del Lago d'Iseo. La famiglia Soardi tira su sardine di Monte Isola, l'isola lacustre più grande d'Europa, dagli anni '40. E poi le cucinano nella loro Locanda al Lago. Parliamo di sardina - o sardella - ma in realtà si tratta di un agone (un pesce pelagico intrappolato nei laghi alpini) anche se ha una forma allungata e piatta proprio come la prima. I pescatori escono ogni giorno al tramonto con piccole imbarcazioni strette e affusolate, note con il nome di naec. Le reti - sardenere - vengono salpate all'alba. Portate in laboratorio, le sardine vengono eviscerate e lavate e messe sotto sale. Dopo due giorni vengono rilavate e messe ad essiccare su rastrelliere verticali. Si passa poi a stenderle in contenitori circolari, pressate e lasciate in olio di oliva per quattro mesi. L'ultimo passaggio prevede la maturazione in contenitori ancora più piccoli per altri dodici mesi, sempre sott'olio. Si conservano anche per due anni, avendo cura di cambiare l'olio ogni 9/10 mesi. La pesca prevede uno stop da maggio a giugno, per la riproduzione. Un procedimento lungo e antico che pare avere più di mille anni e che grazie proprio all'impegno degli Isoardi, ha fatto sì che a questo prodotto venisse assegnato il Presidio Slow Food (sardina essiccata tradizionale del Lago d'Iseo). La carne è morbida e chiara, ma ha un gusto deciso. Un classico piatto locale sono le sardine alla piastra con aglio e prezzemolo servite con polenta, oppure su un semplice crostino caldo e accompagnate da salse vegetali.
(Francesca Ciancio)
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