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LA RICERCA

La sostenibilità in bottiglia paga (dal 10 al 30% in più), ma va ben oltre l’ambito ambientale

Le riflessioni dal convegno “Sagrantino Venti Venti” nella cantina Arnaldo Caprai, a Montefalco tra ambiente, economia, etica e cultura
ARNALDO CAPRAI, LORENZO ZANNI, SAGRANTINO DI MONTEFALCO, SOSTENIBILITA, VITICOLTURA SOSTENIBILE, Italia
I vigneti della Cantina Arnaldo Caprai, pioniera della sostenibilità a 360 gradi, e motore del Sagrantino di Montefalco

Del vino ammettono di saperne abbastanza poco, la maggior parte di loro lo consuma occasionalmente, 3-4 volte al mese, o più di una volta a settimana, e quando lo scelgono valutano soprattutto colore, Paese di produzione e prezzo. Eppure, per un vino sostenibile (termine che per loro ha più valore di biologico), la maggior parte di loro è disposta a spendere dal 10% al 30% del prezzo di una bottiglia di vino (con il 41% che spende mediamente tra i 5 ed i 10 euro, ed il 30% tra i 10 ed i 25 euro). È il singolare rapporto tra i giovani, il vino ed il concetto di sostenibilità, fotografato dall’indagine firmata dal professor Lorenzo Zanni dell’Università di Siena per il protocollo di certificazione Equalitas e per la cantina Arnaldo Caprai, pioniera degli investimenti in sostenibilità e motore di rilancio del territorio del Sagrantino di Montefalco, che, da anni, con tante iniziative, come “Sagrantino Venti Venti”, sta abbracciando la filosofia della sostenibilità territoriale, “un aspetto importante, perchè certe cose funzionano solo se diventano sistemiche e coinvolgono tanti produttori e player del territorio”, ha ricordato il presidente del Consorzio dei Vini di Montefalco Filippo Antonelli. Una sostenibilità che, peraltro, è tale solo se oltre che ambientale, è anche economica, perchè bilanci a posto consentono di fare ricerca e di investire, aspetti imprescindibili anche per la tutela dell’ambiente e del territorio. Che è tale se è etica, e se rispetta anche le condizioni di chi lavora in azienda. Che è tale se esce dei confini dell’azienda, e genera economia e valore per il territorio, anche investendo in iniziative legate al bene della comunità, come eventi culturali, recupero di beni pubblici, architettonici ed artistici, e non solo. Percorso intrapreso “ante litteram”, quando sostenibilità non era ancora un termine di moda, da cantine come la stessa Caprai, o come Castello Banfi, tra le realtà leader di Montalcino e del Brunello, tra le case history della tavola rotonda, guidata dal giornalista Maurizio Pescari. Eppure, andare oltre il “semplice” aspetto ambientale è complicato, quando si parla di sostenibilità: dalla ricerca del professor Zanni, infatti, emerge come i giovani associno la sostenibilità sostanzialmente al minor uso di fertilizzanti ed erbicidi, alla difesa della sostenibilità, alla riduzione delle emissioni di gas serra e così via, mentre in pochi pensano, per esempio, alla creazione di posti di lavoro, alle iniziative di sostegno sociale sul territorio, ad azioni di tutela, sviluppo e formazione in ambito culturale. Millennials secondo i quali, peraltro, nel calice i concetti più associati ad un vino considerato sostenibile sono quelli di “naturale”, “salutare”, “gradevole” e “genuino”.
“Una ricerca da cui emergono elementi anche sorprendenti pensando ai giovani, visto che lo strumento maggiore di informazione è l’etichetta della bottiglia, piuttosto che internet, i siti o le app, o la stampa specializzata - spiega Zanni a WineNews - ma che ci dice anche che direzione prendere, e di quanto ci sia ancora da lavorare per raccontare che la sostenibilità va oltre l’aspetto ambientale”.
Anche perchè la sostenibilità, anche fosse solo quella ambientale, è un concetto complesso da raccontare e da sintetizzare, anche in bottiglia. Senza contare che di protocolli di sostenibilità, solo in Italia, ce ne sono a decine. “Quando nel 2015 le abbiamo censite lanciando il progetto, ne abbiamo contate più di 15”, ha sottolineato Stefano Stefanucci di Equalitas. Eppure, le certificazioni sono importante, soprattutto nei mercati stranieri, sotto il cui impulso, soprattutto da parte di Nord Europa e Canada, negli anni scorsi, si è iniziato a parlare in maniera più concreta di sostenibilità e certificazioni. “Il protocollo Equalitas - lanciato da Federdoc ed Unione Italiana Vini, e oggi sostenuto da Csqa, Valoritalia e Gambero Rosso, tra gli altri - è considerato a livello internazionale uno dei più completi, proprio perchè valuta non solo gli aspetti tecnici ed agronomici, ma anche quelli ambientali, sociali ed economici, in maniera profonda”, ha spiegato Stefanucci.
Tanti aspetti difficili da sintetizzare in etichetta, magari in un logo o in un simbolo, che però è ritenuto di grande utilità oltre l’80% dei giovani consumatori. Un esempio, a testimonianza della validità di una delle premesse, ovvero che la sostenibilità è tale e funziona quando è filosofia condivisa dal territorio, arriva dall’Alto Adige, come sottolineato da Helmut Kocher, fondatore del Merano Wine Festival: “in Alto Adige si parla da tempo di sostenibilità a 360 gradi, e non solo nella filiera del vino. Al punto che il marchio dell’Alto Adige, che è sulle bottiglie di tutti i vini a denominazione del territorio, per i consumatori, oltre che icona che racconta l’origine del vino, è diventato anche sinonimo di sostenibilità stessa, perchè tutto l’Alto Adige è percepito come un territorio che è attento a questo tema nel suo complesso”.

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