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IL VALORE DEL CIBO

La convivialità, “atomo” del Natale, “genesi” della società: le riflessioni di Marino Niola

A WineNews i pensieri dell’antropologo e professore di Antropologia e Miti e Riti della Gastronomia

Quello che stiamo per vivere sarà un Natale certamente diverso: limitato, ristretto, intimo, esclusivamente familiare. Con una convivialità che, però, ne resta elemento fondante, e con il cibo ed il vino che, già protagonisti, lo diventano ancora di più, per il loro valore simbolico, oltre che materiale. Quasi come se piatto e calice diventassero “rifugi” in questo periodo difficile, che ha messo in crisi proprio la convivialità, che non solo è “atomo” del Natale, ma è, in qualche modo, genesi della società. È la riflessione, a WineNews, di Marino Niola, antropologo, giornalista, scrittore e professore di Antropologia e Miti e Riti della Gastronomia all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
“Sicuramente, il cibo, che è già abitualmente protagonista del Natale, lo sarà ancora di più, sarà il bene rifugio di questo Natale in quarantena - spiega Niola - che sarà un Natale diverso, o un “diversamente Natale”, se preferite. Perchè molte delle cose che facciamo di solito non si possono fare, come riunirci con le persone, o le grandi tavolate. Questa volta non si potrà aggiungere un posto a tavola, anzi il contrario. Non di meno lo festeggeremo al meglio, perchè poi noi italiani siamo “adattogeni”, diamo il meglio di noi nell’emergenza, ci inventiamo sempre delle soluzioni, e quindi saremo pochi ma buoni, in questo caso, e invece di essere in 20 saremo in 4. Ma sarà pur sempre Natale”.
Magari, nell’intimità forzata, ma comunque preziosa, di queste feste, nella costrizione a stare a casa e nei propri luoghi di vita e di origine, ci sarà anche del buono. “Probabilmente questa circostanza sarà anche occasione per un ripensamento delle nostre abitudini - dice Niola - e magari ci accorgiamo che un Natale meno “dilatato”, e anche meno chiassoso, può avere il suo bello. E che, per esempio, ritornare a mangiare i cibi della tradizione ci fa riscoprire delle cose di cui negli ultimi anni di impazzimento consumistico ci eravamo dimenticati. Beninteso che non ho nulla contro la civiltà dei consumi, ma c’è modo e modo. C’è del bello e c’è del buono nelle nostre tradizioni, con tanto da riscoprire. E, quindi, non occorrono né le mete esotiche né i cibi esotici. A Natale è anche molto bello riscoprire se stessi, andare in profondità nelle nostre consuetudini, abitudini, nei nostri rituali. Infondo poi il Natale è l’ultimo grande ciclo rituale di una civiltà come la nostra che ha abolito tutti gli altri riti, quindi festeggiamolo nel mondo migliore”.
E poi, seppur in numeri più limitati, la convivialità resta. “La convivialità è la base del Natale, perchè il Natale è convivialità e comunione, è riunione degli uomini con Dio. Che si incarna e viene al mondo, e diventa uomo per redimere l’umanità dal peccato originale, e quindi c’è una prima comunione. Poi c’è una comunione della carne, che è il cibo. E il cibo - sottolinea Niola - che non è un attributo estraneo allo spirito del Natale, anzi, è l’essenza. È l’esultanza che diventa pienezza, è la metabolizzazione degli affetti, del legame familiare, la meterializzazione della famiglia che diventa nutrimento, sia materiale che spirituale, e quindi da questo punto di vista la convivialità resta la base. Sarà ovviamente una convivialità ristretta, più di sangue, senza gli amici, ma lo spirito è lo stesso. La convivialità, ampia o ristretta è fondamentale, è “l’atomo del Natale”. E questo Natale così “sospeso” ci fa capire una cosa: i riti e la convivialità sono fondamentali, perchè non è la società a fare la convivialità, ma la convivialità a fare la società. E queste sono le occasioni in cui gli uomini attraverso il cibo e la festa escono da sé stessi e fanno società”.
Una lezione preziosa, dunque, che arriva in coda ad un 2020 davvero difficile, e che può lasciare qualcosa di positivo, comunque, anche al mondo del cibo e del vino italiano. “Questo periodo ci lascerà questo grande insegnamento: che il mondo è bello e vario, ma dobbiamo tornare a valorizzare il “nostro” mondo. Per apprezzare il resto bisogna apprezzare il proprio: i nostri luoghi, i nostri usi, e anche i nostri prodotti. Noi, poi, abbiamo la fortuna di vivere in uno dei Paesi più belli al mondo. Nascere italiani è una grande fortuna, dobbiamo imparare ad apprezzarla fino in fondo, e a farne tesoro”.

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