Toar - il nome parla dei tufi vulcanici dei vigneti collinari tra le valli di Negrar e Marano - ha in sé la forza e il colore dell’Oseleta, autoctona secondaria veronese riscoperta da Masi, utilizzata con Corvina e Rondinella per la sua prima annata, la 1990. Uva tannica e acida, vinaccioli grossi e bacca piccola, poca polpa, buccia pruinosa e spessa: difficile da raccogliere e poco produttiva, quindi lasciata da parte. Le sue tracce solo nei racconti dei “vecchi”, come il nonno e il padre di Sandro Boscaini che, alla fine degli anni 70, imbattutosi in un Amarone “impressionante” ha rinvenuto nel vigneto da cui proveniva alcune viti dai grappoli diversi, riconosciute come Oseleta dall’allora Istituto Sperimentale di Viticoltura ed Enologia di Conegliano, oggi Crea-VE. Riscoperta e reimpiantata in Valpolicella dai tecnici di Masi negli anni Ottanta, l’Oseleta ha segnato una rivoluzione concettuale per il Valpolicella Superiore, conferendogli una complessità difficilmente ottenibile da uve fresche. Piena maturazione, lunghe macerazioni e malolattica, e vinificazione a parte dell’Oseleta, che per il carattere deciso abbisogna di legni piccoli nuovi. Poi l’equilibrio nell’assemblaggio con la morbida Corvina. Toar al naso gioca su aromi di ciliegia e mirtillo; alle note vanigliate si compenetra l’amaricante del chinotto. Al sorso le spezie dolci si fondono all’intensità dei frutti rossi. Lungo.
(Clementina Palese)
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