Trovarsi di fronte ad una delle mitiche etichette rosse di Bruno Giacosa è una grande emozione per ogni appassionato e amante del vino. Emozione superata solo dal trovarsi di fronte, oltre alla bottiglia, anche il suo artefice, per una suggestiva e commovente chiacchierata. Che ben presto diventa riflessione su passato, presente e futuro di Langa, un tuffo nei ricordi di antiche passeggiate tra i filari, quasi ad intravedere tra le nebbie i cartelli che introducono a cru di impareggiabile suggestione come Falletto, Asili, Rabajà; ammirazione nostalgica per le grandi botti di Slavonia di un tempo e quelle (sempre grandi) di rovere francese di oggi, fino a respirare gli odori delle lunghe macerazioni. Parlare con Bruno davanti ai suoi vini è tutto questo e molto altro ancora, è immergersi anima e corpo, condotti da mano sicura, nelle suggestioni più intime e segrete di alcuni dei terroir più celebrati del mondo. La terra, il vino, l’uomo. Giacosa è persona pacata, mai altezzosa o saccente, capace di trasmettere le sue enormi esperienze con delicata semplicità, ancorato alle sue radici eppure moderno, perfettamente a suo agio in ogni situazione, mai forzatamente nostalgico. Lui che più di altri potrebbe esserlo. I suoi vini gli assomigliano: hanno il piglio e l’autorevolezza dei grandi senza per forza dover risultare scontrosi o eccessivamente duri. Non hanno certo bisogno di urlare per farsi sentire, per farsi riconoscere. Il Barolo Le Rocche del Falletto Riserva 2001 ne è esempio limpidissimo: il colore granata tenue prelude a profumi di raffinata e suadente eleganza, capaci di schiudersi lentamente ma con grande incisività; il palato è semplicemente straordinario, magico connubio tra frutto, articolazione aromatica dei grandi legni, perfetta seppur marcata e serrata trama tannica (siamo a Serralunga, per diamine!). Chiudiamo dunque da dove avevamo cominciato. Da un uomo, un’etichetta e un vino emozionanti. Una vera rarità e un piccolo privilegio.
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