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“VINITALY 2022”

L’enoturismo italiano riparte, più green e con le donne al timone. E, nel 2022, torna alla normalità

I trend del Rapporto Città del Vino, Donne del Vino e Associazione Puglia in Più e l’indagine Nomisma-Wine Monitor. La Toscana meta più desiderata
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L’enoturismo italiano più “green” e femminile

Con slancio e creatività, l’enoturismo italiano riparte rigenerandosi dopo la battuta d’arresto della pandemia, più giovane, più sostenibile ma anche più femminile nella conduzione (con l’80% delle donne alla guida della comunicazione e del marketing delle aziende, e che rappresentano il 75% degli occupati nelle attività turistiche) e tra i viaggiatori. Con le previsioni per l’Italia che arrivano direttamente dai territori del vino a più alta vocazione vitivinicola, il 57% dei quali indica un ritorno ai grandi numeri entro il 2022 (nel 2019 erano 14 milioni le visite, per un giro d’affari di 2,5 miliardi di euro), mentre per i più “pessimisti”, invece, dovremo attendere il 2023. Nel frattempo il turismo del vino è stato costretto a riposizionarsi, ma appropriandosi di nuovi valori e stili, orientato sempre più verso gli spazi aperti, la comunicazione sui social network, la formula di esperienza a tutto tondo: la cantina, il vino, l’ambiente, il paesaggio, il borgo, la piazza, la ristorazione, l’offerta culturale e di tempo libero. In una parola: verso il territorio. La meta più desiderata? La Toscana, ma in Piemonte vince la destagionalizzazione, e, a seguire, c’è il Veneto. Sono i trend che emergono da un’indagine Nomisma-Wine Monitor per l’Osservatorio nazionale Città del Vino, presentato ieri a “Vinitaly 2022” con Le Donne del Vino e Associazione La Puglia in Più, secondo il quale il “nuovo” enoturismo è soprattutto esperienziale, più di breve durata, di prossimità, ancora molto internazionale - in testa tedeschi, svizzeri e olandesi - ma sempre più apprezzato anche dagli italiani, con un identikit dell’enoturista sempre più giovane e disposto a spendere in media 50-100 euro, tanto che le esperienze “premium” a prezzo più alto costituiscono la vera novità post Covid.
Secondo l’analisi - effettuata tra fine gennaio e febbraio 2022 su 92 Comuni italiani e 150 aziende con metodo Cawi - per i Comuni la pandemia ha determinato performance peggiori (35%) e decisamente peggiori (30%) rispetto al 2019, ma per 6 su 10 il turismo del vino tornerà presto a una situazione pre-pandemia, percepita come temporanea. E per oltre la metà (57%) questo avverrà nel 2022; per il 29% invece bisognerà attendere il 2023. Questa la visione per il proprio Comune, in ambito nazionale invece le proiezioni degli intervistati sono meno ottimistiche: 49% contro 33%. Per i sindaci delle Città del Vino è strategico avere un piano di promozione e comunicazione (91% delle risposte), fondi a sostegno dei Comuni (86%) e delle aziende vitivinicole (84%), fino ad arrivare a incentivi fiscali per l’enoturista (62%); un modo intelligente e nuovo, questo, per sostenere un fenomeno che può dare ancora tanto al Paese, ai territori, all’impresa e al lavoro.
Il nuovo enoturismo è decisamente esperienziale, abbinando il vino alle altre risorse del territorio (79%), è digitalizzato (77%), predilige l’aria aperta (73%), ma è di breve durata (71%) e di prossimità (67%); però anche molto internazionale (66%), aperto alle generazioni (59%) e sempre più al femminile (57%). Il nuovo enoturista è un giovane sotto i 35 anni (60%), con un livello di istruzione inequivocabilmente alto (95%), anche per il reddito superiore (84%). E ancora: in prevalenza un cittadino (75%) che fa vacanze enoturistiche di breve durata (71%) e di prossimità (67%).
I territori top five sono nell’ordine: Toscana, Piemonte, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Guidano la classifica del sud, al sesto e settimo posto, la Sicilia e la Puglia. Invece i principali fattori di attrattività sono di contesto: la cultura e l’arte, il paesaggio, a seguire la qualità e la notorietà dei vini, la capacità di accogliere gli stranieri e la varietà dei territori.
Invece nella relazione con la filiera sono ritenute molto utili la formazione del personale, i corsi di accoglienza e degustazione, ma anche i servizi commerciali e di marketing per lo sviluppo dell’enoturismo, i corsi di lingue straniere e sulle competenze digitali. Sulla governance i punti di forza espressi dalle Città del Vino sono: la varietà di vitigni e vini (97%), i paesaggi e la bellezza dei territori (96%), la varietà e la qualità gastronomica (95%) e i contesti storico-artistici (90%). Sono da migliorare, tuttavia, la formazione del personale enoturistico in ambito informatico (92%), l’organizzazione dei servizi turistici (85%) la capacità di accogliere gli enoturisti stranieri (77%). Per i sindaci delle Città del Vino i fattori chiave per il rilancio enoturistico nel 2022 sono la gestione della sostenibilità ambientale, economica e sociale (93%), la tutela del paesaggio rurale (91%), l’accessibilità dei territori - strade, parcheggi, servizi per disabili - (89%), la connettività capillare a banda larga (80%) e la pianificazione territoriale e urbanistica (75%).
La presenza delle donne nelle imprese del vino si concentra nel marketing e comunicazione dove sono l’80% degli addetti, nell’enoturismo e nelle altre attività turistiche dove sono rispettivamente il 76-75% degli occupati. Prevalgono leggermente anche nel commerciale (51%), mentre nel vigneto e in cantina la loro quota crolla al 14%. Nella fase post Covid le donne crescono anche tra i visitatori delle cantine benché non come i millennials che hanno fatto un autentico boom. La maggior presenza di enoturisti donne ha determinato persino la nascita di proposte ad hoc che sono concentrate a Sud (58%) e nelle grandi cantine (77%).
Attualmente la wine hospitality si concretizza, nel 99% dei casi, dalla degustazione a cui si associano la vendita diretta (96%) e la visita guidata degli impianti produttivi (94%). Fra le cantine, c’è una percentuale del 33-40% che offre anche pasti, pernottamenti o altre attività di tipo agrituristico, anche organizzate in soggiorni a tema. Meno del 20% del totale ha cercato di organizzare qualcosa di davvero particolare come un corso di cucina oppure una esperienza di vendemmia. Le più restie a implementare l’offerta enoturistica “basic” con elementi accessori sono le cantine del Nord Ovest mentre le più strutturate sono nel centro Italia dove la visita con assaggio è spesso arricchita dall’offerta di prodotti tipici, trekking, escursioni ai centri d’arte nei dintorni, corsi di cucina e benessere.
La forbice tra aree d’Italia dove l’accoglienza in cantina è più diversificata e quelle dove si esprime su modelli ripetitivi, anche se forse con standard eccellenti, rischia di aggravarsi nel futuro. Infatti nel Nord si registra una scarsa propensione a uscire dallo schema visita + assaggio e vendita (42% nel Nord Est e 47% nel Nord Ovest), mentre il 62% delle cantine del Sud progetta di aumentare il numero delle esperienze che offre. Nel 77% delle grandi cantine vengono organizzate attività ad hoc per i turisti stranieri, circostanza prevedibile vista la loro maggiore presenza nei mercati esteri. La maggior presenza di turisti stranieri la scopriamo nel Nord Ovest (45%) o nel Sud e isole (29%); al centro dominano gli italiani di altre Regioni (45%) e al Sud l’enoturismo è più regionale (32%). Le top 5 nazionalità per il turismo straniero vede la Germania prima, seguita da Svizzera, Paesi Bassi, Belgio e Austria. Pesa, su questo risultato, la crisi del turismo statunitense in Toscana, circostanza che ha privato la regione capofila del turismo del vino italiano, della sua tradizionale clientela alto spendente. Questo spiega anche perché l’analisi del valore medio degli scontrini delle cantine veda in testa il “Piemonte e dintorni” e il centro Italia solo in seconda posizione seguito dal Nord Est.
Va comunque detto che l’acquisto medio degli enoturisti è nella fascia 50-100 euro e solo il 18% dei visitatori spende più di 100 euro. Tenendo presente questa circostanza risulta sorprendente come le esperienze “premium” a prezzo più alto, che costituiscono la vera novità post Covid, siano maggiormente presenti fra le offerte del centro e del Sud Italia (42%) invece che nel Nord Ovest (24%). Le animazioni enoiche più costose e elaborate vengono organizzate soprattutto delle cantine più grandi (62%), mentre sono poco presenti fra le attività delle piccole imprese (32%).
In linea generale, la segmentazione delle proposte enoturistiche - per prezzo e impegno organizzativo - è costruita dalle imprese del vino in base a logiche diverse: a Nord si basa sulla capacità di spesa dei clienti, al centro, più correttamente, sulla motivazione di viaggio. Scelta che mostra un lodevole attitudine “customer oriented”. L’enoturismo appare più destagionalizzato nel Nord Ovest, probabilmente anche grazie all’abbinamento ad esempio con il tartufo, mentre scendendo verso Sud sembra più concentrato sui mesi estivi. Comunque solo l’8% delle cantine italiane è aperta tutto l’anno.

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