L’uva di partenza è di quelle indigene davvero – e pressoché ignota da questa parte del mondo vino – e ancora coltivata a piede franco. Siamo in Armenia, con Zorik Gharibian, cresciuto tra Venezia e Milano ma deciso poi a tornare alle radici per dar vita a vini unici e di matrice antica, ancestrale. Le vigne sono circondate da montagne spesso innevate - a 1400 metri! - e non lontane dalla più antica al mondo delle cantine: 6.100 anni di età. Il posto è il villaggio di Rind, nel cuore di Yeghegnadzor, la regione armena enologicamente da sempre di spicco. E dove la vite esprime la sua anima (la sua verità) più profonda. Nella pianta e nel frutto c’è l’essenza del concetto di resilienza e di capacità d’adattamento. E l’idea è che questa Areni Noir sia il genitore di molte uve arrivate poi a Occidente, forse antenata anche del Pinot Noir, secondo Patrick E. McGovern, archeologo e scienziato biomolecolare alla University of Pennsylvania Museum (Philadelphia). Ma, bypassando la genetica, ecco il vino: nato da uve raccolte in altura, da suolo vigoroso, alcalino, sabbioso, con tracce di calcaree. Dopo fermentazione (12 mesi) in anfora il Kareni è già ampio, sensuale, d’un rosso luminoso e pieno, e dona piacevoli note di bacche scure e spezie. A fissare l’emozione gustativa, ecco i tannini, incisivi quanto basta a dar forza e persistenza al sorso, sapido e ancora fruttato in fin di bocca.
(Antonio Paolini)
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