Pioniera e donna, la toscana Silvia Maestrelli è tra i primi produttori che hanno dato nuovo slancio all’Etna enoico. Arriva sul Vulcano nel 2006, colpita da un vero e proprio coup de foudre per una terra difficile, ma di enorme fascino. Nel 2007, dopo lunghe trattative con i vecchi e numerosi proprietari dell’area prescelta per il suo progetto, nasce Tenuta di Fessina. Tutto inizia con l’acquisizione di un vecchio vigneto di Nerello Mascalese del secolo scorso, con al suo centro un palmento settecentesco in pietra lavica, con l'antica “chianca” (torchio) ancora intatta. L’azienda, che oggi produce complessivamente 70.000 bottiglie, si trova a 670 metri sul livello del mare in contrada Rovittello, nei pressi di Castiglione di Sicilia. Le vigne - 13 ettari in tutto, impiantati in prevalenza a Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Carricante - sono poste su terrazzamenti tra due antiche sciare (colate laviche), che isolano il vigneto come fossero vecchi muretti. E a Fessina si trovano ancora vigneti piantati col metodo tradizionale dell’alberello etneo “in quadro”, con età variabili tra i 70 ed i 110 anni. I terreni, dal caratteristico colore nerastro, hanno natura poco profonda, con un’importante presenza di sabbia, pomici e argille fini. Climaticamente a Rovittello l’inverno è rigido e nevica, la primavera è fresca e piovosa, l’estate calda e asciutta, con un autunno tiepido, con differenziale termico elevato tra notte e giorno. Ma la particolarità che ha costituito la solida identità della Tenuta di Fessina è quella di aver puntato da subito sul Carricante, di cui l’azienda è artefice di una versione in purezza per molti aspetti ancora inarrivabile. L’A' Puddara, prima annata 2009, è un’espressione enoica personale e al contempo coerente con il proprio terroir, che coglie a pieno le potenzialità della bacca bianca sul Vulcano, zona notoriamente orientata, specie nel recente passato, ad una prevalenza della sua anima rossista. Ma non ci si è limitati solo a produrlo. Si è puntato, prima di tutto, sull’areale più adatto al Carricante. La zona etnea di Biancavilla, a sud, storicamente legata a questa varietà di antica coltivazione, ad altezze impervie che arrivano anche a 900 metri, ma anche Milo, ad est, dove le altezze sul livello del mare sono anche maggiori. Ecco in parte spiegato il perché questo bianco sia un vino verticale, definito e di grande acidità e contemporaneamente ricco e articolato. Il suo nome, che nell’uso siciliano rimanda alle stelle che compongono le Pleiadi, indica pertanto un “punto di riferimento”: ciò che questo bianco continua a rappresentare, anche con la versione 2019, per tutti i bianchisti del Bel Paese.
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