Nella storia della spumantistica italiana, che nel recente passato ha trovato un solido successo commerciale - ma, purtroppo, non determinato in prima battuta dai Metodo Classico - c’è un capitolo, su cui, forse giustamente, ormai è calata l’ombra dell’oblio: quello del “Talento”. Il Metodo Classico italiano, lo sappiamo, è una somma di areali che i grandi mercati spesso non riescono neppure a collocare geograficamente: Franciacorta, Trentodoc, Alta Langa e Oltrepò Pavese. Una parcellizzazione che da un lato offre la possibilità del racconto singolo delle peculiarità di una zona, dall’altro può restare penalizzata in un mercato sempre più globale e alla ricerca di sintesi più che di articolazioni; senza considerare il problema dei quantitativi, ancora modesti per i Metodo Classico italiani, che occorrerebbero per fare davvero concorrenza alla spumatistica mondiale di punta, che tutti sappiamo quale sia. Insomma un “Metodo Classico Italiano” non c’è. Tutto inizia con l’Istituto Italiano Metodo Champenois fondato nel 1975 da Antinori, Carpenè, Contratto, Ferrari, Gancia e La Versa, allo lo scopo di promuovere e tutelare la spumantistica italiana di qualità. L’Istituto cambia nome nel 1996 (il termine Champenois diventa utilizzabile solo dalla Francia) e registra il marchio “Talento”, a rappresentare lo spumante Metodo Classico italiano. Fino al 2004, l’Istituto ne ha l’uso esclusivo e solo le aziende associate lo possono apporre sulle loro bottiglie. A cambiare ogni cosa è il decreto (Gazzetta Ufficiale n.12 del 17 gennaio 2005), che dà a tutti i produttori la possibilità di utilizzare il marchio. L’Istituto Talento Italiano, associazione di aziende costituita nel 2009, è l’ultimo tentativo di mettere tutti insieme. La vicenda dell’Istituto si conclude con la cessione del marchio al Mipaaf (2010) che trasforma il marchio privato di associazione in “bollino istituzionale”, dando il colpo di grazia al progetto.
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