Come capita spesso nelle aziende viticole italiane a conduzione squisitamente familiare, il cammino nel vasto e variegato mondo enoico nazionale comincia in tempi non sospetti, o meglio, quando ancora nessuno guardava a questo comparto con una visione diversa e più articolata, anche rispetto alle potenzialità del territorio dove operava. Nel 1948 Giuseppe Inama lavora come enologo, ma intanto coltiva l’ambizione di costruire un’azienda tutta sua. Ecco allora che nel 1965 capita l’occasione buona e Giuseppe Inama riesce ad acquistare il primo vigneto sul Monte Foscarino, nel cuore del Soave, una denominazione che allora aveva decisamente una proiezione molto diversa da quella attuale. Un’intuizione, si direbbe, che indusse quell’impresa, tra le prime, ad avere un approccio diverso verso quei vigneti e quella particolare zona. L’azienda si fa conoscere e si consolida; poi, con l’arrivo del figlio Stefano sul ponte di comando, esplode proprio nel passaggio decisivo che l’enologia italica stava attraversando con successo acclarato, praticamente nell’intera estensione dello Stivale. Sì certo, anche con un interesse significativo verso le varietà internazionali, tanto che il Sauvignon Fumé aziendale, finì per diventare il vino simbolo di questa realtà. Ma non solo. In quel momento storico, ricordiamolo, i vini bianchi non godevano della considerazione attuale e tanto meno i Soave. I rossi, invece, erano sulla cresta dell’onda e allora Stefano si buttò in un nuovo progetto ad hoc, nel 1996, guardando ai vicini Colli Iberici e, anche in questo caso, alle varietà internazionali Carménère in testa. Un percorso per quei tempi non banale e animato da una visione consona ai suoi tempi, che permise ad Inama, oggi solida azienda fondata su 62 ettari coltivati a vigneto in biologico, per una produzione complessiva di 450.000 bottiglie, di diventare un punto di riferimento. Come la migliore tradizione vuole in questi casi, il contesto familiare continua ad essere protagonista. Così, nel 2010, il primogenito di Stefano, Matteo diventa parte integrante del progetto, seguito, nel 2017, dai fratelli Alessio e Luca, pronti anche a cambiare passo e a rendere sempre più protagonisti Foscarino e Carbonare, per citare un paio dei Cru aziendali più rappresentativi. Ecco allora il Soave Classico Foscarino 2020, fermentato in prevalenza in barrique di secondo e terzo passaggio e poi affinato in acciaio per 6 mesi, che al naso mette in fila aromi di camomilla, fiori di campo e miele, ad anticipare un sorso compatto, sapido e continuo, fino ad un finale dalla piacevole nota di mandorla fresca.
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