Il Munjebbel FM, ottenuto dal Nerello Mascalese coltivato in Contrada Feudo di Mezzo, matura in vasche di vetroresina per 18 mesi. La versione 2021 profuma di ciliegia, ribes, lamponi, pesca, eucalipto, sottobosco e pietra focaia. Il sorso è succoso e fragrante, dai tannini vivaci e dal finale lungo e profondo, che si congeda con una bella nota di arancia rossa. La filosofia produttiva di Frank Cornelissen è semplice quanto “talebana” - come lui stesso la definisce - e si basa su un caposaldo fondamentale: escludere il più possibile l’intervento dell’uomo nella produzione di un vino affinché la natura prenda forma e sostanza, evitando, dove possibile, di arare la terra, di trattare chimicamente i suoli e, perfino di ricorrere anche ai metodi meno impattanti come quelli biologici o biodinamici. La cantina di Frank Cornelissen si trova a Solicchiata (nel comprensorio di Castiglione di Sicilia, versante nord dell’Etna) e conta su 18 ettari a vigneto (ma ci sono anche un paio di ettari di oliveto, alberi da frutto e una coltura di grano saraceno) - distribuiti in varie Contrade: Barbabecchi, Zottorinoto-Chiusa Spagnolo, Scimonetta, Monte Colla, Feudo di Mezzo-Porcaria, Campo del Re, Crasà, Calderara Sottana, Puntalazzo. Qui sono allevate, oltre alle classiche varietà etnee, il Grecanico, il Francisi e la Minnella bianca e nera, con i reimpianti effettuati con viti senza porta innesto, da una selezione di ceppi aziendali a piede franco - per una produzione complessiva di 70.000 bottiglie. Cornelissen coltiva le proprie vigne con basse rese ad un’altitudine compresa tra i 600 e i 1.000 metri sul livello del mare; effettua vendemmie tendenzialmente tardive; lavora in cantina con fermentazioni avviate con “pied-de-cuve” di lieviti indigeni in piccoli mastelli di materiale neutro, e lunghe macerazioni; matura i propri vini in contenitori di vetroresina o in anfore di terracotta vetrificate e sotterrate. Cornelissen, belga di nascita, ha compiuto un ricco percorso enoico - è stato anche un apprezzato importatore di vini - che lo ha portato in Georgia, a ripercorrere le origini del vino, e poi in Spagna e in Portogallo, con l’obbiettivo di individuare quella “terra promessa” capace di trasformarlo in produttore di vino in prima persona. Nel 2000, la ricerca ha trovato il suo oggetto: l’Etna. E nel 2001 sono arrivate le sue prime etichette. Questi sono anni in cui il vulcano più alto d’Europa non è mai stato affollato come adesso e Cornelissen assume di fatto il ruolo di pioniere dell’areale insieme a pochi altri: l’azienda Benanti e il suo tecnico Salvo Foti, Andrea Franchetti e Marc De Grazia.
(are)
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