Ci sono uomini che precorrono i tempi e tracciano percorsi. Visionari, certamente, capaci di immaginare il futuro e di costruirlo. Giulio Ferrari è tra questi, tassello indelebile e fondamentale della storia della spumantistica trentina, italiana e, ormai, internazionale. A inizio Novecento, durante i suoi viaggi studio in Champagne, ebbe una grande intuizione: produrre spumanti in Trentino, a partire da vigne ad alta quota. Tutto comincia da allora. Oggi le cose sono molto cambiate, la casa che porta il nome Ferrari è sempre un riferimento assoluto (anzi, più di prima), ma il numero di cantine produttrici in zona si è decisamente infittito, offrendo un panorama articolato e non privo di realtà di alto livello, capaci di produrre etichette di bella personalità e di confortante costanza qualitativa. Per quanto ci riguarda, salutiamo con favore il fermento che si respira intorno alle bollicine italiane in genere, ma ci piacerebbe che quelle trentine, a partire proprio da una considerazione più consapevole del loro territorio (come già aveva intuito Giulio Ferrari), interessantissimo per la produzione di grandi Metodo Classico di montagna (il disciplinare prevede uve da vigne collocate fino ad 800 metri), fossero ancora di più protagoniste. Lo stile Trentodoc poi, è sempre più riconoscibile e quasi tutti i vini assaggiati in questa tornata sono sembrati coerenti e in deciso accordo con tratti gustativi e olfattivi comuni, oltre che di un livello molto buono. Bene così: sempre più appassionati guardano dalle parti di Trento quando vogliono un grande Metodo Classico italiano. E noi non facciamo eccezione.
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