C'è un motivo per cui abbiamo fatto questa scelta per l'outsider. Non perché Garofoli sia una realtà nuova (le sue origini risalgono infatti alla fine dell'Ottocento) o perché pratichi una viticoltura fuori dagli schemi (il difficile e stra-citato equilibrio fra “innovazione e tradizione” che tutti cercano di mantenere); nemmeno per l'etichetta, perché il Giacchino Garofoli non è innovativa: è una rara ma presente selezione delle uve migliori che esce solo in annate eccezionali. Insomma, abbiamo dedicato questa scheda a questo vino perché assaggiandolo ci ha disteso il viso: un Verdicchio didattico, in mezzo a tanti vini dal residuo zuccherino percepibile o dagli aromi standardizzati. Qui c'è un sorso strutturato ma allo stesso tempo fluido e dalla generosa acidità agrumata; ci sono tutti i sentori tipici: dall'anice alla paglia, dalla mandorla alla frutta gialla senza dimenticare qualche nota di erbe aromatiche; c'è sapidità e mineralità; calore, colore e densità, senza stuccare o bastare dopo un bicchiere. Un vino che si sorseggia volentieri oggi ma che promette d'invecchiare bene ancora, come il Verdicchio ci ha da tempo insegnato di saper fare.
(ns)
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