Difficile aggiungere parole alla storia di Silvio Jermann. Insieme al suo maestro Mario Schiopetto, è stato infatti il protagonista indiscusso del riscatto enologico friulano, trasformando radicalmente i vini bianchi della Regione. Ma Jermann non è solo un gioiello enoico del Friuli Venezia Giulia è anche una delle cantine italiane più affermate internazionalmente, partendo proprio dalla produzione bianchista che, non è un mistero, resta ancora un po’ al di sotto di quella francese. Era il 1975 quando Silvio Jermann, fresco enologo di rientro da un’esperienza lavorativa oltreoceano, cominciò a vendere il Vintage Tunina, tuttora il vino bandiera aziendale. Un vino quasi “impensabile” per l’epoca che metteva assieme Chardonnay, Malvasia Istriana, Picolit, Ribolla Gialla e Sauvignon, e, per giunta, era pensato per affrontare il tempo. Nel proseguimento delle felici vicende aziendali, evidentemente, è stato affiancato da altre etichette, anch’esse di ineccepibile fattura, ma è restato sempre il Vintage Tunina il vino simbolo di un produttore simbolo, tanto da arrivare nella tavola del film di Paolo Virzì “La pazza gioia”. Una bottiglia di grande personalità, che rispecchia quella del suo artefice, un vero e proprio “spirito libero”, svincolata dai disciplinari di produzione imposti dalle denominazioni, eppure così profondamente "friulana". Oggi l’azienda con sede a Dolegna del Collio (dove in località Ruttars ha sede la cantina storica, affiancata da quella di Villanova di Farra nel cuore dell’Isonzo Doc) conta su 160 ettari a vigneto, 20 dei quali coltivati a biologico (ad alimentare una specifica linea dell’articolato portafoglio aziendale), per una produzione complessiva di 900.000 bottiglie e un’ormai consolidata e costante affidabilità qualitativa. Il Picolit, da molto tempo utilizzato nel blend del Vintage Tunina, per fare l’esempio più noto, nel 2006 vede per la prima volta le sue uve protagoniste assolute in un vino in purezza. Non è prodotto in grandi quantitativi, ma occupa un posto importante tra le etichette a marchio Jermann, perché ne rappresenta l’unica declinazione dolce. Ottenuto da uve appassite e poi affinate in caratelli da 120 litri per 10 mesi, il vino oggetto del nostro assaggio è quello che si definirebbe, con formula un po’ abusato, un vino “da meditazione”. La versione 2015 si presenta di un bel giallo dorato brillante e luminoso ad anticipare un bagaglio olfattivo sfaccettato che va dai ricordi di mele cotte al miele, dalla frutta candita alle caramelle d’orzo, da tocchi di zafferano a cenni di pepe. In bocca, il sorso è denso, intenso nei suoi ritorni fruttati e notevolmente persistente, ma senza cade nelle lusinghe di sensazioni dolci troppo pesanti, mantenendosi vivace e mai stucchevole.
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