Testimonianze archeologiche riportano che la vite nell’alta valle dell’Esino fosse coltivata sin dal VII secolo a.C., mentre risalgono al XV le prime notazioni codificate sul Verdicchio di Matelica e data metà Ottocento la sua prima descrizione ampelografia. Molto più recente è invece la sua fama in Italia e all’estero, in principio legata soprattutto all’idea di vino di facile, fresca e pronta beva. In questo contesto, ormai più di cinquant’anni fa si inserisce Casimiro “Miro” Cifola, che intorno ad un antico eremo dei monaci benedettini farfensi, impianta i primi vigneti della Fattoria La Monacesca. Miro però non si accontenta di produrre vini piacevoli e facili come in uso all’epoca, intuisce invece da subito le grandi potenzialità che può sviluppare un vitigno come il Verdicchio in un terroir estremamente vocato come quello di Matelica, dove le fresche brezze provenienti dal mare - incanalandosi nella valle dell’Esimo - mitigano il caldo estivo, originando importanti escursioni termiche tra giorno e notte. Complici anche i suoli di origine fossile, ricchi di iodio e minerali, creano tutte le condizioni per produrre dei vini bianchi importanti e longevi. Miro quindi è stato un vero e proprio precursore e non solo per l’idea di produrre bianchi di spessore e longevi, ma anche per aver rivalutato la produzione dei vini rossi della zona, riproponendo l’uso del Sangiovese, molto in voga nella valle dell’Esimo sino all’inizio del '900 con il sinonimo di Brungentile. Adesso a seguire l’azienda e i suoi 28 ettari di vigneto è Aldo, il figlio di Miro, che sulle orme del padre, in controtendenza rispetto ai moderni sistemi di allevamento, ha mantenuto sesti d’impianto molto larghi, tra 1.800 piante per ettaro per i vecchi impianti e 2.500 per quelli più recenti. Le uve con cui si produce il Mirum, ormai un archetipo stilistico, provengono da una vigna trentenne di tre ettari e vengono raccolte dopo una leggera surmaturazione in pianta. Vinificato in acciaio senza uso di solforosa, dopo la fermentazione matura per circa sei mesi sulle fecce fini sino a quando non parte naturalmente la malolattica. Quindi dopo 18 mesi di affinamento in acciaio e 6 in bottiglia il Mirum è pronto per il mercato. Vino di razza destinato a durare a lungo, il Mirum ’17 è profondo e articolato al naso, profuma di fiori d’agrumi e lavanda, sale marino, rosmarino e maggiorana, frutti a polpa gialla e mandorla. La bocca sapida e possente, ma al tempo stesso agile e cristallina, si allunga bene grazie all’innesto di una freschissima spina acida su un frutto maturo e succoso per un lungo ed appagante finale.
(Massimo Lanza)
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