Ormai, lo sappiamo, le bollicine italiche sono al centro di un trend di crescita che sembra non avere alcun segno di cedimento. Il merito, comunque la pensiamo, è del Prosecco, ma - sappiamo anche questo - nello specifico caso parliamo di un vino ottenuto con un metodo Charmat, meno costoso nella produzione di uno spumante, con tutte le conseguenze del caso. Quando parliamo di spumante Metodo Classico, la questione dunque cambia e non poco. Non in termini di successo: TrentoDoc e Franciacorta sembrano infatti marciare con il vento in poppa, probabilmente in ordine, per esempio, di massa critica (almeno guardando alla Champagne e ai Cava spagnoli). Ma soprattutto di metodo e, necessariamente, di prezzo. Tralasciando le polemiche spicciole (che accompagnano soltanto l’ignoranza del consumatore, quasi sempre incapace di distinguere un Metodo Classico da uno Charmat), è proprio sulla metodologia produttiva che dobbiamo soffermarci. Senza entrare nei dettagli tecnici, va da sé che il Franciacorta è un vino che costa. Tutto sommato nemmeno tanto se confrontato con la Champagne (altra questione è invece il paragone con i Cava spagnoli), ma, di sicuro, se vogliamo bere un buon Franciacorta, bisogna spendere dai 25 euro in su. Insomma, resta al fondo un problema per tutta la denominazione: dopo aver spiegato che è un luogo ben preciso e che quindi può stare con i vini più importanti d’Italia, resta da convincere, al di là dello storytelling di routine, il costo elevato dovuto ad un metodo di vinificazione caro, che non può essere “scontato”, cioè sacrificato sull’altare del “meglio vendere a poco subito che fra un po’ di tempo ad una cifra più alta”.
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