Soave: uno dei pochi vini bianchi italiani in grado di invecchiare e trovare la sua stessa essenza nello scorrere del tempo. Pieropan: un tutt’uno col genius loci, anzi, forza propulsiva e motore stesso del territorio, prima di altri in grado di percepirne i tratti più reconditi ed esaltarne la bellezza. Cru: dalle colline di Pigno, Palestrello e La Santa ai possedimenti storici di famiglia: Calvario e La Rocca. Trasposizione liquida del terroir, quasi a rapirne i caratteri e traslarli in bottiglia. Il vino: incredibile, pare ringiovanirsi nel bicchiere. Va aspettato e coccolato ma è in grado di aprirsi al meglio e regalare sensazioni di rara suggestione: i primi accenni di miele e resina lasciano spazio a profumi minerali, terrosi, che uniscono cenni speziati (pepe bianco) a note di frutta gialla e addirittura di fiori, quasi balsamici, fino a incrociare lampi idrocarburici terziari da grande Riesling. In bocca, ancora meglio: si distende largo e profondo, iodato, decisamente sapido e dai ricordi finali interminabili.
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