A chi non è capitato cercando una bottiglia in cantina di trovarne invece un’altra dove non avrebbe dovuto esserci? Di recente mi è capitato con un Massifitti 2010 Suavia delle sorelle Tessari, che un Bacco dispettoso, non a caso, aveva celato tra i bianchi di Borgogna. Meri, Valentina ed Alessandra (sicuramente più conosciute per il loro Soave Monte Carbonare, fiore all’occhiello della loro cantina, fondata nel 1982 dai genitori Giovanni e Rosetta), sono state bravissime a far diventare l'azienda uno dei punto di riferimento dell’intera denominazione Soave, grazie a dei vini che meglio descrivono uno dei più riusciti matrimoni tra la Garganega e il suo terroir. Il Massifitti invece è un Trebbiano di Soave nato dalla collaborazione tra Valentina, che ha studiato agronomia ed enologia a Milano, e Attilio Scienza. Il Trebbiano a Soave c’è sempre stato: pare che sino alla metà del Novecento fosse diffuso quanto la Garganega, mentre adesso non arriva al 2% dell’intero vigneto di Soave. Il suo declino è da attribuirsi soprattutto alla scarsa produttività e alla poca resistenza a parassiti e malattie; inoltre oggi matura mediamente una quindicina di giorni prima della Garganega e vendemmiare le due uve insieme, come facevano i contadini una volta, non era più pensabile. Così dopo la laurea Valentina, aiutata dagli anziani contadini di Fittà, cominciò una vera e propria caccia al tesoro tra le vigne più vecchie della zona, selezionando dei cloni da sottoporre al professor Scienza per individuare con certezza quelli originali di Trebbiano di Soave (all’epoca i vivaisti non andavano troppo per il sottile tanto che parte dei cloni risultarono di Trebbiano Toscano). La decina di genotipi individuati vennero così impiantati in un vigneto sperimentale e, dopo le micro-vinificazioni di rito, ne furono selezionati quattro. Fu così che nel 2005 fu impiantato un vigneto di quattro ettari che nel 2008 avrebbe regalato le prime 2.500 timide bottiglie di Massifitti. Da allora la vinificazione è rimasta sempre uguale: lieviti indigeni, vinificazione e affinamento solo in acciaio, malolattica non svolta, almeno 15 mesi sulle fecce fini e - dopo almeno altri 12 - in bottiglia, prima di andare sugli scaffali. Il Massifitti ’10 è di un bel colore giallo grano dai riflessi ambrati e dorati è ampio e sfaccettato al naso tra sentori minerali, che rimandano alla battigia vulcanica sassosa, pesca noce matura, tabacco e spezie. Il sorso ancora freschissimo, caratterizzato da una spiccata sapidità, avvolge esaltandolo un frutto ancora tumido, per un finale lungo, setoso e appagante.
(Massimo Lanza)
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024