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EDITORIALE

Ripensando ad un nome

Territorio: Valpolicella

Il nome del rosso veronese per antonomasia, Amarone, deriva dalla parola “amaro”, adottata per distinguerlo dal dolce del Recioto della Valpolicella da cui ebbe origine. Il Recioto è infatti il corrispondente (per zona, uvaggio e tipologia) dell'Amarone, ma è un passito dolce a differenza di quest'ultimo che è sempre ottenuto da uve appassite ma fermentate fino allo svolgimento completo (o quasi) dei suoi zuccheri. Questo, almeno, in linea generale. La storia indica il 1936 come l’anno in cui nacque il nome Amarone per indicare il Recioto Amaro o Recioto Secco. I fatti si svolsero nella Cantina Sociale Valpolicella ed ebbero come protagonista il cantiniere più esperto Adelino Lucchese, palato e fiuto eccezionali che, assaggiando una botte di Recioto dimenticata in cantina, uscì in una esclamazione che sarebbe diventata storica: “Questo non è un Amaro, è un Amarone”. Il cantiniere era inconsapevolmente diventato protagonista e aveva regalato involontariamente alla Valpolicella un nome per un nuovo vino, dal futuro radioso. Ma cosa era successo? Il Recioto, messo in botte e poi dimenticato, continuò a fermentare fino a diventare secco. Gli zuccheri si trasformarono interamente in alcol, facendo perdere la dolcezza al vino. Fin qui la storia, con qualche tono inevitabilmente mitico. E poi? L’Amarone in tempi moderni sembra alla fine aver ritrovato lo zucchero che aveva perso. Negli anni ’80 era semplice incontrare Amarone con zuccheri residui intorno a 8-10 g/L ma ancora nel Nuovo Millennio si possono lasciare 5 g/L di zuccheri negli Amarone. E così l’inizio della storia coincide con la fine…

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