C’è sempre un’annata che colpisce di più l’esperienza, benché per definizione limitata, di chi assaggia per mestiere. Un numero di quattro cifre che segna indelebilmente la storia enoica di una Regione. In Toscana, con tutta probabilità, quell’annata è la 1988. Un millesimo i cui vini, prodotti a qualsiasi latitudine e longitudine, hanno quel “quid” di speciale, anche nelle etichette meno blasonate oltre, a fortiori, in quelle più famose (do you remember Sassicaia 1988?). Oggi Altesino, insieme a Caparzo, è di proprietà di Elisabetta Gnudi Angelini e il lavoro su Montosoli, anche nella calda annata 2017, è ben condotto all’insegna di un tocco stilistico intimo e più tradizionale, mentre La Casa 2017 sembra rappresentare al meglio il “lato” modernista del Brunello. Tornando al nostro protagonista, Montosoli 1988, il primo Brunello a proiettarsi fuori dalla genericità nella forma di Cru, i suoi profumi rimandano al sottobosco e alle foglie portate dal vento, ma ci sono ancora lampi fruttati e floreali, fragranti e accesi, insieme a tocchi leggermente affumicati. Pieno, sapido e succoso il sorso per nulla incline a smorzarsi, dopo il tempo di una generazione.
(fp)
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