Zenato è una delle grandi griffe del panorama enoico veronese, interprete fedele sia del Lugana che della Valpolicella, tanto che attualmente è impossibile stabilire se sia una realtà più propensa alla produzione bianchista o rossista. 95 gli ettari vitati per una produzione di 2.000.000 di bottiglie sono i numeri di una cantina fondata negli anni Sessanta del secolo scorso, che si “divide” tra il nucleo storico di San Benedetto di Lugana, a Peschiera sul Garda e il nucleo produttivo in zona Sant’Ambrogio di Valpolicella (più i vini prodotti a Bardolino). Oggi a guidarla, mantenendone il carattere familiare, ci sono Alberto e Nadia Zenato, che hanno impresso un passo moderno all’impresa, continuando però a percepire i vini aziendali con versatilità, compiutezza, qualità e, soprattutto, proseguendo nel solco tracciato dal loro padre, che fondò questa realtà produttiva non senza intuizioni, rivelatesi strategicamente significative. Sergio Zenato, praticamente da subito, decise per esempio di scommettere sul Trebbiano di Lugana, quando ancora nessuno ci credeva, preparando, di fatto, un vantaggio competitivo che negli ultimi anni, con la riscossa dei vini bianchi, l’azienda ha decisamente ben sfruttato. Nel Lugana, dunque, Zenato ha il suo cuore antico, nonché le sue radici affettive più intime. Ma Zenato è riuscita anche a primeggiare nella produzione dei vini tradizionali della Valpolicella, cominciando, agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, ad immettere sul mercato etichette che tracciarono la strada del successo dei vini rossi del veronese a livello internazionale (l’export di Zenato vale il 70% del suo giro d’affari), con un portafoglio etichette ricco e legato alle tipologie tradizionali (dall’Amarone al Valpolicella e al Recioto), non disdegnando però anche vini aziendali come la Corvina in purezza Cresasso. Oggi, sono arrivate altre sfide, che l’azienda veronese ha accettato con la stessa determinazione. Come l’“uscita” dai propri confini regionali, andando addirittura a confrontarsi con lo scenario vasto e competitivo della Toscana enoica, acquisendo, nel 2003, Podere Prospero nel bolgherese. L’Amarone della Valpolicella Classico 2018, maturato in legno grande per 36 mesi, al naso esprime un persistente e rigoglioso fruttato maturo, con rimandi alla ciliegia e al lampone, poi arrivano toni più freschi di erbe officinali e tocchi di cacao e pepe a rifinitura. In bocca, il vino possiede sorso succoso e ben profilato, dai ritorni fruttati che incontrano tannini fitti e una buona fragranza acida. Finale intenso e arioso su ritorni speziati.
(fp)
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