Confesso che aprire un Barolo di Bartolo Mascarello - e il 1996 lo era - mi mette soggezione. Quei pochi secondi di spasmodica attesa che passano da quando il tappo vien fuori dalla bottiglia a quando il bicchiere arriva al naso per quel primo importantissimo approccio, diventano davvero infiniti, così come la ansia in attesa che l’olfatto certifichi che quel maledettissimo pezzo di sughero sia libero dall’infame tricloroanisolo...solo in quel preciso istante la tensione può calare. Bartolo non amava i luoghi comuni: niente barrique, niente vigne singole. Il suo Barolo nasce da quattro vigne: Cannubi, Rué e San Lorenzo a Barolo e Rocche dell’Annunziata a La Morra; così lo faceva suo padre Giulio già nel 1919, così lo fa adesso sua figlia Maria Teresa. Il 1996 di Bartolo conferma ampiamente la grandezza di questa annata: granato brillante, ancora ricco di frutto al naso, ciliegia e melograno, verdi note balsamiche, fiori appassiti e liquirizia e una leggera nota di fungo. Il sorso è elegante, austero, tannini e frutto sono integrati a dovere, l’acidità è ancora vibrante, mentre nel lungo finale si aggiunge un bel rimando agrumato.
(Massimo Lanza)
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