Nel 1962, con un progetto quasi incomprensibile per quel tempo, Fabrizio Bianchi realizzava un vero e proprio Cru dal vigneto “Il Poggio”. Intanto, proprio da quel vino si escludevano pratiche sorpassate, come il “governo” e l’invecchiamento in castagno (sostituito dal rovere) e, nel 1968, venivano tolte anche le uve bianche (retaggio dell’antica “ricetta” Ricasoli), lasciando soltanto Sangiovese e una piccola quota di Canaiolo e Colorino a comporre il blend finale di Il Poggio, il primo Cru imbottigliato nel Gallo Nero. Ancora oggi, questa è l’etichetta di punta del Castello di Monsanto - 72 ettari a vigneto per una produzione di 450.000 bottiglie - passata nel frattempo da Riserva a Gran Selezione, ma l’impianto generale è quello di sempre. La versione 2019 sembra una delle meglio riuscite nel recente passato, proponendo aromi che si muovono tra frutti rossi fragranti, sottobosco e cenni speziati e terrosi. Raffinate la trama tannica e la vivacità acida, che donano al sorso ritmo e profondità. Un vino intrigante, che ben interpreta il suo areale di provenienza, nel comune di Barberino Val d’Elsa.
(fp)
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