Una storia che affonda le sue radici nel XVII secolo, almeno per quello che concerne il vino, quella della Fattoria dei Barbi ma che mette il suo sigillo enoico fondamentale con Pio Colombini, che produsse le prime bottiglie di Brunello sul finire dell’800. Aveva infatti sposato Elina Padelletti, discendente di un’antica famiglia montalcinese, che portò in dote ai Colombini la villa dei “Podernovi” dove oggi si trovano la cantina e la sede aziendale. Con Giovanni Colombini, nato nel 1906, la famiglia trovò un innovatore e un pioniere: sua è la prima enoteca pubblica italiana, realizzata nel 1938 nella fortezza di Montalcino e sua, sempre negli anni ’30 del secolo scorso, la prima vendita per corrispondenza di un vino toscano. L’apertura al pubblico della “Cantina dei Barbi” negli anni ’50 del secolo scorso è uno degli atti di nascita del turismo del vino. Dopo la morte di Giovanni Colombini nel 1976, la Fattoria dei Barbi è stata guidata dalla figlia Francesca e poi dal nipote Stefano, che a loro volta hanno sviluppato ed esteso le proprietà di famiglia (anche fuori dalla produzione di vino, per esempio nell’ospitalità e in varie produzioni agricole), fino alla dimensione che conosciamo oggi. Attualmente, Stefano Cinelli Colombini può contare su 66 ettari a vigneto, per una produzione di 200.000 bottiglie di Brunello all’anno, sulle 600.000 realizzate in tutto e si caratterizza per un portafoglio etichette diversificato, che comprende anche i vini ottenuti dai vigneti maremmani di Scansano (“L’Aquilaia dei Barbi” acquistata nel 1997). Le cantine di Montalcino custodiscono un pregevole “archivio” di bottiglie di vecchie annate, a partire dai Vin Santo del 1870 e dal Brunello del 1892. Una continuità produttiva (ininterrotta dal 1870) che assegna senz’altro alla Fattoria dei Barbi un ruolo fondamentale nella denominazione del Brunello di Montalcino. Classicismo dunque, ma soprattutto un profilo stilistico che, evidentemente, nelle bottiglie di Montalcino, riesce a rimanere saldamente piantato al suo territorio d'origine, con vini ben centrati sul piano del bilanciamento e capaci non di rado di mostrare personalità e carattere. Come nel caso del Brunello di Montalcino Riserva 2016, premiata l'anno scorso da Wine Spectator, o la Riserva 2017, ottenuto in un’annata non certo semplice a queste latitudini, ma capace di smarcarsi dalle criticità del millesimo. Ecco allora un profilo aromatico ben centrato dove il frutto rosso è maturo ma croccante, con cenni di sottobosco e rimandi al cacao, al tabacco e alla liquirizia. In bocca, il sorso è compatto e continuo, dai tannini dolci e docili e dal finale persistente su ritorni fruttati.
(fp)
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