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Le 17 tavole stellate Michelin guidate dalle griffe del vino nei territori più belli

Analisi WineNews: la novità è Campo del Drago, la tavola di Castiglion del Bosco, resort e griffe del Brunello di Montalcino

Una settimana fa, la presentazione della “Guida Michelin Italia” 2023 ci ha consegnato un’istantanea che racconta un momento decisamente felice per la ristorazione italiana, che accoglie nel suo esclusivo Olimpo il dodicesimo apostolo, Antonino Cannavacciuolo, alla guida del nuovo tre stelle, il Villa Crespi di Orta San Giulio. Nel complesso, sale a 385 il numero dei ristoranti stellati: 335 una stella, 38 due stelle e ovviamente 12 tre stelle. Con diverse novità, per un totale di 38 nuove stelle, con tantissimi under 35 tra i fornelli, dal Nord al Sud del Paese, e un’attenzione sempre più grande per la sostenibilità.

Tra i nuovi ingressi nella Rossa, solamente uno arriva da un territorio del vino: il Campo del Drago, la tavola del del borgo medievale di Rosewood di Castiglion del Bosco, che all’accoglienza, da sempre, affianca la produzione di Brunello di Montalcino. In cucina, lo chef Matteo Temperini, toscano (di Poggibonsi), classe 1974, con alle spalle una lunga esperienza al fianco del mitico chef francese Alain Ducasse, fino a diventare chef de parite a Le Louis XV di Monaco. Tornato in Italia, ha conquistato la sua prima stella nel 2002, a 28 anni, con Il Gallopapa a Castellina in Chianti, bissando il risultato nel 2011 con La Sponda, a Positano, prima di approdare, nel 2019, nella terra del Brunello di Montalcino. Per un ristorante che “entra”, uno che “esce”: ancora chiuso per ristorazione, non è presente in guida, poco lontano dal Campo del Drago, nel cuore della Val d’Orcia, il ristorante Osteria Perillà, guidata ai fornelli dallo chef Marcello Corrado, e fulcro del progetto enogastronomico di Pasquale Forte (Podere Forte), insieme alla cantina. Il conto dei ristoranti stellati la cui proprietà è direttamente riconducibile ad un’azienda o a una griffe del vino, così, è presto fatto: 17, proprio come un anno fa. Parte da qui l’analisi di WineNews, che ripercorre, come ormai d’abitudine, la geografia della liaison tra vino ed alta ristorazione.

Partendo dal Piemonte, con Tenuta Carretta, a Piobesi d’Alba, nel cuore delle Langhe, che oltre a produrre Barolo dai vigneti di Nebbiolo Patrimonio Unesco, punta sulla cucina di qualità con il Ristorante 21.9, di chef Flavio Costa. Tra gli 11 “tre stelle” - il vertice qualitativo della ristorazione italiana - il Piazza Duomo di Alba è legato a doppio filo al mondo del vino: è nato dall’intuizione della famiglia Ceretto, griffe del Barolo che, nel 2003, ha puntato su Enrico Crippa per regalare al territorio un vero e proprio tempio dell’alta cucina, divenuto presto una delle tavole più prestigiose al mondo. Damilano, altra storica famiglia del Barolo, nel complesso della cantina di Morra d’Alba, ospita dal 2013 la cucina di Massimo Camia, chef punto di riferimento in Langa e non solo. Al Villaggio Fontanafredda, nella tenuta immersa tra i vigneti che fu teatro dell’amore tra Re Vittorio Emanuele II e Rosa Varcellana, “la bela Rosin”, e passata nel 2008 nelle mani degli imprenditori Oscar Farinetti e Luca Baffigo Filangieri, la ristorazione ha un ruolo centrale, e ruota intorno al GuidoRistorante, lo stellato gestito da Ugo e Piero Alciati, che portano avanti la tradizione culinaria del padre. Restando in Langa, dove la famiglia Boroli è arrivata negli anni Novanta, tra i filari dei tre cru di Barolo (Villero, Cerequio e Brunella), sorge la Locanda del Pilone, wine resort con il ristorante stellato dello chef torinese Federico Gallo. Sempre in Langa, l’imprenditore ceco Miroslav Lekes, che in pochi anni, a Monforte d’Alba, ha costruito una realtà da 23 ettari vitati, Rèva, vanta anche un ristorante stellato, il Fre, nella galassia di Yannick Allenò, con Francesco Marchese come chef.

In Veneto, Villa Cordevigo, a Cavaion Veronese, è un wine relais ospitato in una grande tenuta vinicola - dove nascono le etichette di Vigneti Villabella - impreziosito dal ristorante stellato Oseleta dello chef Marco Marra. La griffe delle bollicine del Trentodoc, Ferrari, guidata dalla Famiglia Lunelli, uno dei punti di riferimento del panorama enoico italiano, da diversi anni ha il suo ristorante stellato: Locanda Margon. Ai fornelli del locale di Ravina, in provincia di Trento, Edoardo Fumagalli che ha ormai preso saldamente il timone della cucina. Ancora in ottica bollicine, Bisol, griffe simbolo del Prosecco (passata nel 2016 proprio sotto il controllo della famiglia Lunelli), ha mantenuto le redini, invece, di Venissa, il progetto di rilancio enogastronomico dell’Isola di Mazzorbo, a Venezia. Un gioiello in cui Gianluca e Matteo Bisol hanno rilanciato la Dorona, vitigno veneziano da cui nasce un vino bianco raro e da invecchiamento, con 18 camere e un ristorante stellato guidato dalla coppia Chiara Pavan e Francesco Brutto.

In Toscana, Montalcino, tempio del Sangiovese e del Brunello, conferma la stella Michelin con la Sala dei Grappoli, il ristorante guidato dallo chef Domenico Francone a Poggio alle Mura, borgo e relais di Banfi, azienda leader del territorio del Brunello (a cui, come detto, si è aggiunta quella del Campo del Drago). A Borgo San Felice, il relais diffuso circondato dai filari di Chianti Classico di San Felice, con proprietà anche nel Brunello di Montalcino ed a Bolgheri, ospita il Poggio Rosso, una stella frutto della collaborazione tra il più stellato (con ben dodici stelle) degli chef italiani, Enrico Bartolini, e il giovane executive chef Juan Camilo Quintero. Spostandoci verso il mare, a Castiglione della Pescaia, nel cuore del Parco della Maremma, c’è L’Andana, resort di lusso che ospita la Trattoria Enrico Bartolini, stella Michelin dal 2014. La proprietà è della famiglia Moretti, che, nel mondo del vino, controlla griffe come Bellavista e Contadi Castaldi in Franciacorta, Acquagiusta, Petra e Teruzzi in Toscana e Sella & Mosca in Sardegna, e con l’alta cucina ha un rapporto lunghissimo e prestigioso: ai fornelli dell’Albereta, in Franciacorta, per anni si è destreggiato il più grande chef italiano di sempre, Gualtiero Marchesi. Nel cuore del Chianti Classico, a Badia di Passignano, una tenuta simbolo della Famiglia Antinori, circondata dai vigneti, trova dimora l’Osteria di Passignano, fondata da Marcello Crini e Allegra Antinori, una stella Michelin, guidato dallo chef Nicola Damiani. A Cortona, terra di Syrah, tra i 32 ettari vitati di Baracchi Winery, c’è Il Falconiere, stellato guidato dalla chef di famiglia, Silvia Baracchi.

Spostandoci nel Meridione, in Campania troviamo il “Tre Olivi” del Savoy Beach Hotel a Paestum della famiglia Pagano (proprietaria anche dell’azienda “San Salvatore 1988”, che produce Falanghina, Aglianico e tante altre etichette nel Cilento) entrato in guida un anno fa direttamente con due stelle, grazie alla creatività e alla tecnica dello chef Giovanni Solofra. In Calabria c’è quindi il Dattilo, ristorante stellato dell’azienda agricola Ceraudo, a Contrada Dattilo, guidato da Caterina Ceraudo, chef della famiglia, laureata in enologia a Pisa nel 2011, che ha scelto la cucina, formandosi nella scuola di Niko Romito. E in Puglia, il Vinilia Wine Resort di Pietro Lacaita è a due passi dall’azienda di famiglia, Trullo di Pezza, griffe del Primitivo di Manduria, e ospita il Ristorante Casamatta di chef Pietro Penna, una stella Michelin dal 2019.

Un lungo viaggio, nei templi del gusto immersi tra i filari, che attraversa territori straordinari da cui nascono i più grandi vini del Belpaese, compagni naturali di cucine legate alla terra ma capaci di stare al passo con i tempi. Sedici tavole che raccontano alla perfezione il dialogo serrato tra la cucina e la vigna, nel solco della tradizione che lega il Barolo e gli Agnolotti del Plin, il Chianti Classico e il Cavolo Nero, il Brunello di Montalcino e i Tortelli Maremmani. Ma anche le bollicine del Trentodoc e il Coregone, l’Amarone della Valpolicella e i Porcini, il Fiano del Salento e la Ricciola, il Gaglioppo della Val di Neto e il Pollo. Ingredienti della terra, che la mano dell’uomo rende unici, e la capacità imprenditoriale delle aziende del vino è stata capace di riunire sotto lo stesso cielo stellato (Michelin).

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