Una parabola che dura dal lontano 1929, ma s’impenna (come se un faro da cinema si fosse acceso su un lavoro eccelso, ma non a tutti noto) negli ultimi lustri. C’entrano una distribuzione accorta e, in primis, un lavoro sapiente, artigiano, alimentato da vecchie vigne in zone storiche di Langa, filari a ritocchino, stupendi quanto esigenti. Al timone c’è Alfredo e, sempre più, il talentuoso figlio Luca. I Barbaresco - Asili, Montefico, Pajé, dal 2004 singole etichette - sono il faro. E il Barolo (sorpresa? sulla carta certo, in bottiglia solo certezza) è Pira, calcare e marne blu, gemma a Castiglione Falletto (è qui anche la nuova cantina, con intorno la vigna monopolio dal 1989) e fortunata ancor più col caldo, perché esposta a sud-est e protetta dalle Rocche, da un rivo che cala da Bussia e dal bosco. La ricetta? Due selezione manuali, lieviti indigeni, tini di legno. Il risultato? Una scia di fiori appena mentolata e marnosa, approccio tattile fitto, tannini marcanti ma sostenuti golosamente dalla polpa, eterna scia fresca. Un calice highlander, antico e moderno insieme, praticamente immortale.
(Antonio Paolini)
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