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EDITORIALE

Verdicchio bandiera dell'anima bianchista nazionale

Benché le Marche del vino siano un caleidoscopio articolato e ancora non del tutto scoperto e/o apprezzato, fatto da una pluralità di vitigni e territori, a caratterizzare questa Regione dal punto di vista enologico è soprattutto il Verdicchio, ormai saldamente tra le varietà che fanno grande l'Italia bianchista. Certo, il numero non secondario di produttori concentrati nella sua produzione starebbe a testimoniare che questa consapevolezza è già stata abbondantemente resa un fatto. Molto è stato effettivamente realizzato per amplificare l'immagine delle Marche enoiche: pensiamo al lavoro di promozione sviluppato dall’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, con la saggia regia di Alberto Mazzoni (anche grazie ad un lavoro sinergico con la politica regionale di concerto con l'assessore all'agricoltura Casini, esempio piuttosto raro nel Bel Paese); ma anche al lavoro verso l'estero, mediante l'esportazione di gran parte dei loro vini, svolto in tempi non sospetti da realtà produttive come Umani Ronchi o Bucci. C'è poi il fatto che i Castelli di Jesi e Matelica non abbiamo mai, nel recente passato, mostrato tentennamenti e che i tanti produttori abbiano offerto con continuità una proposta distinta e qualitativa, costantemente livellata verso l’alto. Altrettanto certamente, però, molto è ancora da fare, benché - per una volta - con una certa consapevolezza positiva "dietro la testa": situazione che segnala radici ben salde su cui far crescere il vino marchigiano. Insomma, il percorso è ormai ben segnato, anche se non è ancora arrivato alla sua destinazione finale (per questo occorrono tempo, investimenti e un impegno costante), ma le Marche enoiche nel loro complesso non sembrano essere distanti da questo traguardo.

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