“Molti autoctoni che erano stati abbandonati sono stati rivalutati, e per me è un piacere, perché non ci sono vitigni cattivi: il Dolcetto, come la Barbera, il Nebbiolo, la Malvasia Rosa, il Primitivo, il Nero d’Avola danno vini meravigliosi, ed è nostro dovere salvaguardare la diversità italiana dando spazio e possibilità di crescita economica alle tante famiglie del vino italiano perché questo è un Paese che si regge molto sull’economia del vino”.
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