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EDITORIALE

Uno spumante ancora troppo poco noto

Territorio: Trentino

La realtà del Trentodoc andrebbe vissuta in Trentino, toccando con mano la passione con cui i produttori di questo Metodo Classico lavorano sulle proprie bottiglie, in molti casi ancora in larga parte manualmente. Per quanto la storia dell’enologia italiana sia ancora molto giovane, il Metodo Classico trentino è un vino fatto di di tradizione e, soprattutto, di pochi compromessi e molta pazienza. Uno spumante con un’impronta territoriale decisa, fatta di altitudine, terreno calcareo e forti escursioni termiche. Un prodotto riconoscibile e generalmente di buonissima qualità, con spiccate caratteristiche distintive. Il riconoscimento della denominazione di origine controllata arriva nel 1993, ed è la prima Doc Metodo Classico in Italia. Il suo disciplinare di produzione prevede un minimo di 15 mesi sui lieviti (36 per una Riserva), ma la prassi è farne almeno 20 (lo Champagne, tanto per citare l’esempio più significativo, ne deve fare minimo 24). I vitigni ammessi sono i classici del Metodo Classico: Chardonnay (il vitigno più usato per il Trentodoc, sinonimo di longevità e aromaticità), Pinot Nero (struttura e corpo), Pinot Meunier (utilizzato poco) e il Pinot Bianco (meno utilizzato, ma in grado di arricchire la diversità trentina). Infine, ma non ultimo il territorio: c’è l’Alta Valle dei Laghi, dalle forti escursioni termiche, la Vallagarina, sotto Trento, con vini più ferrosi, la Valle dell’Adige, dai terreni spiccatamente calcarei, e la Val di Cembra, dove si trovano vigneti tra i 600 e gli 800 metri. Insomma, un vero e proprio “mondo”, che, proprio in patria, resta ancora tutto da scoprire.

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TAG: TRENTINO

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